MARTINA DEL CHICCA
Cronaca

"Come Daniele, ho vissuto l’incubo di Grasse"

A dodici anni dalla morte di Franceschi nel carcere francese un ex detenuto ha contattato mamma Cira per raccontargli la sua esperienza

di Martina Del Chicca

"In quel carcere ho sofferto come Daniele. Ma io, al contrario suo, sono sopravvissuto...". Il carcere è quello francese di Grasse; e Daniele è Daniele Franceschi. Il carpentiere viareggino di 35 anni deceduto in una cella il 25 agosto 2010, mentre era detenuto da mesi, in attesa di un processo, per il presunto utilizzo di una carta di credito falsa in un casinò di Cannes. Le parole, invece, sono di un uomo che in quello stesso carcere, ma una decina di anni prima, a cavallo del 2000, ha trascorso un periodo di detenzione.

Un viareggino anche lui, che dodici anni dopo la morte del giovane carpentiere ha cercato i familiari di Franceschi per raccontare loro la sua esperienza "difficile" dietro le sbarre di un carcere che ha descritto come "punitivo" "Qualora – ha detto – possa servire a riaprire le indagini per la morte di Daniele".

Lo ha fatto parlando con Cira Antignano, mamma Cira (nella foto con la foto di Daniele tra le mani); che non si è mai arresa di fronte ad una verità giuridica che non l’ha mai convinta fino in fondo. Per le autorità francesi suo figlio, Daniele, fu stroncato da un infarto; ma i suoi organi, dopo l’autopsia, non furono mai restituiti, nonostante le richieste insistenti, per una controperizia. Finiti chissà dove.

A ritrovare Franceschi "a terra con il viso verso il suolo, tutto rosso", fu il compagno di cella Abdel, il giovane franco-algerino che due giorni dopo la tragedia scrisse una lettera a mamma Cira. "Daniele – raccontò Abdel in quelle righe – negli ultimi tre giorni stava molto male e nessuno era venuto a visitarlo, nonostante le continue richieste di aiuto, fatta eccezione per una volta in cui fu portato in infermeria dove gli dettero semplicemente delle pastiglie". Per la morte di Franceschi – di cui i familiari furono informati solo tre giorni dopo – è stato condannato per omicidio involontario, ad un anno con la condizionale, il medico del carcere. Ritenuto colpevole di non aver prestato tempestivo soccorso.

Alla vigilia dell’anniversario, il dodicesimo, dalla morte di Daniele, il legale della famiglia Franceschi ha raccolto il racconto dell’uomo che, dieci anni prima di quella tragedia, ha vissuto l’esperienza di Grasse. Un incontro durato per ore. "Lui e Daniele – racconta l’avvocato Aldo Lasagna – non si sono mai incontrati. Ma hanno condiviso, in tempi diversi, la stessa esperienza. Quando Daniele morì l’uomo era in un altro carcere, sempre in Francia, e si tenne informato, per quanto poteva, sulla storia del ragazzo, Ma, sul momento, non ha trovato il coraggio di farsi avanti".

Ha impiegato tanto tempo a metabolizzare l’esperienza carceraria – vent’anni trascorsi tra le carceri italiane e francesi – e solo adesso, che è riuscito a rimettere ordine nella sua vita, "ha trovato la forza di raccontare i suoi anni nel carcere di Grasse. Lo ha descritto come un penitenziario “punitivo“ – prosegue Lasagna –. E una frase, in particolare mi ha colpito: “Ho sofferto come Daniele, ma io ne sono uscito vivo“. Quello che l’uomo ha raccontato a Cira e a me in un colloquio informale - prosegue il legale della famiglia Franceschi - è pronto a raccontarlo anche alla magistratura italiana e francese. Nel suo racconto potrebbe esserci dettagli importanti per la riapertura del caso". E’ questo che chiede la famiglia Franceschi, mamma Cira. "La morte di mio figlio merita di essere approfondita – conclude –. Continuerò a chiederlo, fino alla fine dei miei giorni".