Adolescente morta in piscina: "Non c’era sicurezza. Per questo preferii licenziarmi"

Drammatica testimonianza in aula dell’ex bagnino dello stabilimento in cui avvene la tragedia. Nelle prossime udienze i sette imputati potrebbero chiedere di essere ascoltati. .

Nuova udienza ieri al processo ri in corso a Lucca davanti al giudice Gianluca Massaro per la tragica fine della piccola Sofia Bernkopf, la dodicenne di Parma morta il 17 luglio 2019 all’Opa di Massa, dopo quattro giorni di coma in seguito al fatale incidente nella piscina del bagno “Texas“ di Marina di Pietrasanta. La bimba rimase con i capelli impigliati nel bocchettone di aspirazione dell’idromassaggio e non riuscì a risalire in superficie. Sotto processo sette persone imputate di omicidio colposo aggravato: i quattro proprietari del “Texas“, due bagnini più il fornitore e installatore della piscina idromassaggio.

Ieri in aula sono stati ascoltati due consulenti delle parti civili: un medico legale e un ingegnere. Il medico ha confermato la morte per annegamento della piccola dovuta all’intrappolamento dei capelli. L’ingegnere a sua volta ha evidenziato che l’impianto di aspirazione della vasca non era a norma e aspirava l’acqua con eccessiva potenza.

L’ultimo testimone chiamato in aula dal pm Salvatore Giannino è stato un bagnino che aveva lavorato per oltre sei anni al bagno Texas e che si dimise nel 2017, due anni prima della tragedia. Ha raccontato di aver preso quella decisione perché era stato indicato come responsabile della sicurezza degli impianti, ma riteneva che il peso delle responsabilità fosse eccessivo. Aveva frequentato solo un corso di due settimane sulla sicurezza e non si sentiva in grado di garantire che tutto andasse liscio in quella piscina. Alla fine preferì licenziarsi. Nelle prossime udienze gli imputati potranno farsi ascoltare, ma non è ancora certo se lo faranno.