Grifo, Santopadre e il futuro "Non ho ancora la risposta"

"Il cuore mi dice di restare, ma oggi più che mai contano le tasche. La C? Io il maggior responsabile, evidentemente ho fatto scelte sbagliate". .

In un contesto diverso, di fronte ai ragazzi e ad altri premiati, con un riconoscimento da portare a casa, Massimiliano Santopadre è tornato sulla stagione culminata con la retrocessione ma non ha dato certezze sul futuro.

C’è il cuore che va verso una direzione, gli investimenti importanti e il clima ostile della piazza che vanno in direzione opposta. Ma bisogna fare anche i conti con le offerte che ad oggi latitano. Tutto può accadere nei prossimi giorni, ma allo stato attuale non ci sarebbero proposte credibili da esaminare per acquistare le quote del Perugia. "Quando si retrocede il maggiore responsabile è il presidente – spiega Santopadre – . Che sceglie il direttore sportivo, l’allenatore e poi i calciatori. Quando le annate sono così negative, evidentemente le scelte sono state sbagliate. Siamo un gruppo e ognuno deve portare qualche punto: io sono il presidente e devo mantenere il bilancio a posto, Il tecnico deve allenare bene, i giocatori devono giocare bene. Se questo funziona, i campionati possono riservare belle sorprese. Quando non ci si riesce, come quest’anno, si retrocede. Poi, certo, si parte in 20 e 4 retrocedono. Ma noi non siamo mai riusciti a ritrovare positività all’interno del gruppo".

Male, dall’inizio alla fine. "Abbiamo fatto un’annata difficilissima, sempre sotto. Per 5 mesi siamo stati ultimi. Poi piano piano eravamo usciti fuori, siamo arrivati al quattordicesimo posto, ma la fatica è stata tanta. Ad un certo punto i ragazzi sono scoppiati. Abbiamo perso una partita drammatica contro la Reggina per degli errori madornali di un giocatore che comunque nello sport ci stanno. Da lì siamo ricrollati". L’attenzione si sposta sul futuro: Santopadre resta al Grifo? "Non so rispondere. Il mio cuore dice di sì, ma nel professionismo contano anche le tasche. Con l’avvento dei fondi, degli stranieri, il calcio si è innalzato a dei livelli che è molto complicato portare avanti. Oggi è diventato il calcio degli arabi. A certi livelli se lo possono permettere solo loro. Anche in B ci sono state delle conseguenze, così fino alla C. Oggi per vincere una C si spendono 15 milioni di euro. Per me è una follia. Ci riempiamo la bocca con i campionati dei giovani, degli italiani, invece sono i campionati dei soldi. Il denaro nel calcio è l’80% delle decisioni, delle scelte. Il giocatore italiano è seguito da un procuratore italiano. Oggi si fa fatica a ingaggiare un calciatore italiano perché costa 6-7-8 volte di più di un giocatore straniero. Oggi quello straniero ha più fame, ha voglia di imparare, correre, sudare. Ecco perché l’italiano non gioca, bisogna avere il coraggio di dirlo".

Francesca Mencacci

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