Una "paciara" di nome Chiara da Montefalco

Una lettura della santa in un suggestivo saggio di Marino Pagano

La copertina del libro di Marino Pagano su Chiara da Montefalco

La copertina del libro di Marino Pagano su Chiara da Montefalco

Perugia, 13 dicembre 2021 - Immaginate un padre, uno veramente padre di tutti, che percorre la Terra e vede i suoi figli divisi, addirittura alcuni che fanno violenza ad altri, fino a sopprimerli. Il padre cerca di fermare i figli violenti e di farli riconoscere gli uni gli altri fratelli. Cerca di mettere pace tra di loro e intanto le violenze continuano. Questo Padre sul suo corpo e nel suo cuore delle ferite grandi che non si richiudono per magia. Questo è il Padre dei cristiani. Questo è Gesù, che “chi ha visto me ha visto il Padre” (Gv 14, 1-12). Nel ritratto di alcune figure di santi i coevi e gli studiosi hanno insistito in modo doloristico sull'immedesimazione degli stessi con il Cristo stimmatizzato, ma senza domandarsi il perché. A proposito delle afflizioni di mistici e mistiche, Marino Pagano nel suo saggio su 'Chiara Da Montefalco. Una monaca medievale con il cuore aperto al mondo' (ed. Fede e cultura) individua, a partire dalla storia di questa mistica nata nel 1268 e morta nel 1308, venerata in Umbria e nel centro Italia, un punto nodale, su cui aprire ulteriori piste indagine: la missione di essere “paciare”, cioè di comporre i conflitti e portare pace in paesi e città vicinissime, come erano in una stessa regione, città quali Assisi e Perugia, o, in Toscana, Firenze e Siena, con i loro paesi, teatri di guerre e vendette sanguinose che, per semplificare, potremmo ricondurre alle categorie generali di “guelfi e ghibellini”. Le stimmate, le ferite, hanno un senso “ultra-dolorista”: anche la sofferenza, fatta propria, per la pace che non c'è e che non c'è per la lontananza da Dio. Per uno come San Francesco, ad esempio, portare la pace tra Assisi e Perugia è un passo enorme di fede e di concretezza evangelica, tanto più fiorito sulla sua stessa esperienza di ex combattente che rigetta in tutto e per tutto la violenza. E' un tratto distintivo dell'essere cristiani e, se lo cogliamo, rileggiamo con occhi più sensibili non solo il tempo di Francesco o di Chiara, ma ogni tempo, anche il nostro, e la passione di chi al santo di Assisi si richiama, nello stesso nome e come Papa, per fermare la guerra a pezzi a noi contemporanea.

Chiara da Montefalco, spiega Pagano, monaca agostiniana, “pur attraversando grandi momenti d’inquietudine interiore, pregò intensamente per la pace del mondo esterno al suo monastero. Parliamo, infatti, di anni disordinati e spesso bellici per l’Umbria e la Toscana, tempi di condottieri e capitani di ventura. Pare anche che la santa poté avere un ruolo politico quando, due anni prima della morte, nel 1306, in occasione di forti diatribe tra i comuni di Montefalco e Trevi, le sue preghiere e i suoi sforzi favorirono la tregua tra le parti, in un periodo e in un territorio in cui, proprio allora, insisteva anche la caratura di un personaggio come Ubertino da Casale, cappellano del cardinal legato Napoleone Orsini”. Imprese volte alla pace e alla concordia tra le popolazioni “si ricordano, tra l’altro, nei numerosi casi dei cosiddetti 'paciari', tradizione propria degli ordini mendicanti, ma anche delle alte sfere ecclesiastiche. Uomini che venivano spesso calati in alcune aree per dirimere scontri armati”.

Per il suo libro su Chiara, a Pagano è stato assegnato il Premio Italia Medievale 2021.