
di Erika Pontini
Come si fa a sapere quanta carica virale possediamo quando siamo positivi al Sars-Cov 2? E soprattutto quando si torna a essere negativi? A indicarcelo è quella attualmente riportata nel referto come "Orf1ab", la sequenza di gene specifico del SarsCoV2 che, combinata con le altre, comuni ad altri Coronavirus, fornisce l’eventuale positività. I numeri accanto a quella voce (Orf1ab) indicano il ciclo delle amplificazioni necessarie per rilevarlo: più alto è quel numero, meno virus è presente nell’organismo. A 36 ’cicli’ si hanno circa 10mila copie di virus (che potrebbe anche non essere vitale) a 40 si è ufficialmente negativi mentre con 10-12-14 c’è il picco con milioni di copie di virus e un’altissima contagiosità.
Oltre ventiseimila umbri dall’inizio della Pandemia hanno contratto il virus e quindi si sono ritrovati a dover decifrare il referto del Laboratorio di microbiologia di Perugia, oppure di un laboratorio privato autorizzato dalla Regione, cercando di disticarsi tra le varie sigle e i numeretti – che a volte sembrano quelli del Lotto – riportati, anche più volte a seconda del numero di tamponi molecolari eseguiti. L’Umbria, a differenza di altre regioni, ha inteso disporre che nel referto sia riportata la sequenza di gene ricercata, e il ciclo di amplificazioni mentre altrove la dicitura è più scarna (positivo, debolmente positivo etc). Oltre al gene ’Orf’, nel referto sono indicati "N" che non è specifico del Covid bensì dei coronavirus e "S", tipico dei Coronavirus Sars ma non necessariamente CoV2.
E qui, tra i tanti problemi, dovuti a una conoscenza ancora non approfondita del virus, sorge il dilemma più recente: non tutti i laboratori cercano le medesime sequenze: ovvero pezzettini dell’Rna del virus. La Microbiologia dell’Università – ovvero il centro di riferimento regionale – ha cambiato le sequenze e utilizza attualmente "Orf", "N" e "S" mentre i privati sono rimasti alla prima distinzione "RdRp", "N" e "E". E se a inizio malattia può non rappresentare un problema, in ’uscita’ invece la faccenda può complicarsi.
Certo, la ricerca del virus non è ancora una scienza precisa al millimetro perché concorrono differenti fattori, a cominciare dalla modalità di prelievo che non è univoca: chi fa il tampone rinofaringeo, chi orofaringeo e anche la perizia nell’esecuzione può influenzare il risultato del tampone.
Oscillazioni di cicli di amplificazione, anche nello stesso laboratorio pubblico, si registrano spesso con i cittadini che cercano di decifrare l’impossibile. Soggetti positivi passati da 36 a 32, o da 28 a 24 quando invece a rigor di logica, avrebbero dovuto continuare a eliminare il Covid. Un ’fattore’ ritenuto non influente in ambito ospedaliero dove, a sentire i medici, non c’è alcun peso clinico rispetto alle piccole variazioni. I sintomatici che necessitano di un ricovero, peraltro, si negativizzano molto dopo rispetto agli asintomatici. Basti pensare che proprio in questi giorni dal Santa Maria è stato dimesso un paziente positivo da ben 6 settimane.
Questione differente per gli asintomatici che senza tampone di uscita negativo sono considerati ’liberi’ solo dopo 21 giorni. Nei giorni scorsi proprio a un medico perugino è accaduto addirittura di ritrovarsi al 19esimo giorno di isolamento senza alcun sintomo con la sequenza "Orf" a 36 e, appena due giorni dopo a 23, come se fosse in piena virulenza e quindi contagioso. Un errore? E quale?
L’altalenanza dei risultati del tampone sembra più diffusa di quello che si possa pensare e può mettere in crisi cittadini e scienziati: non si sa se la positività diagnosticata in un asintomatico sia all’inizio o alla fine della infezioneo. "Ma allora, dico io, all’asintomatico come me perchè non è stato fatto, oltre al tampone, il rilievo degli anticorpi quantificandoli? – si chiede il medico infetto – Se avessi avuto già, quando ho fatto il primo tampone molecolare, le IGM avrebbe significato che ormai non ero in corso di infezione acuta e quindi non sarei stato a casa per 21 giorni avendo gli anticorpi la cui formazione è la finalità dello stesso vaccino; ora, nonostante i miei 23 cicli più recenti o i 36 cicli di due giorni prima o i 25 cicli del primo tampone, posso comunque uscire “per legge” senza avere capito come sono andate le cose realmente".