"Telefonini in classe? No ma niente sequestro"

I presidi umbri parlano di un falso problema. “L’uso dei cellulari è stato vietato dal 2007. Ma può essere utilizzato per scopi didattici"

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Cellulari in classe? Dopo i provvedimenti restrittivi adottati da alcuni presidi di Toscana ed Emilia Romagna, in Umbria i dirigenti scolastici assumono una posizione soft ma non troppo. E’ il caso di Morena Passeri, a capo del Comprensivo Perugia 9 che spiega: "Noi abbiamo varato un regolamento interno per disciplinare l’uso dei telefonini a scuola. Premesso che i nostri studenti sono ormai tutti “nativi digitali“ e che la tecnologia è diventato uno strumento di lavoro, nella nostra scuola abbiamo concordato che durante le lezioni i cellulari devono essere spenti e tenuti dentro lo zaino".

Parla di un fuoco di paglia il dirigente del Cassata-Gattapone di Gubbio, David Nadery. "Il dibattito - osserva - nasce già morto. L’uso dello smartphone sui banchi fu vietato dal ministro Fioroni nel 2007, a meno che non serva per scopi didattici. Ora se ne riparla perché un preside di Bologna ha imposto ai ragazzi di lasciare i telefonini all’ingresso. A me sembra eccessivo". Il professor Nadery lancia poi una provocazione: "Sarò poco attento io, ma a me pare che a scuola il cellulare sia molto più usato da noi adulti che dai giovani. I quali scribacchiano qualche messaggio, postano un paio di foto e mettono 4 like in 6 ore. E si guadagnano qualche nota disciplinare che fa mucchio, alla fine dell’anno. Ma non direi che i cellulari siano il vero limite ad una fruizione positiva e partecipe delle nostre ore di frontalità. Sarà che ci fa comodo pensare che gli alunni siano distratti dai cellulari e non semplicemente che spesso li annoiamo noi". Un falso problema anche per il preside della Direzione didattica di san Giustino, Elio Boriosi: "Distinguerei la questione: le lezioni certo che spesso sono noiose; ai nostri tempi giocavamo a battaglia navale! E’ però un problema di approccio didattico non-attivo, gli apparati elettronici così massivamente impiegati, sono fonte di distrazione a prescindere dalla scuola; per tutti, adulti e ragazzi, drogano le relazioni, evitano una gestione anche corporea dei conflitti relegati ad essere solo virtuali".

Infine ecco come la pensa Silvio Improta, il preside “tecnologico“ del Politecnico Capitini: "Nel nostro Istituto - puntualizza il professor Improta - con la tecnologia ci conviviamo, premesso che i cellulari sono “strumenti di distrazione di massa“, ne abbiamo vietato l’uso a meno che non vengano impiegati per fini didattici". L’ultima parola la lasciamo al filosofo Umberto Galimberti, che interpellato in materia ha risposto: "La tecnica funziona nella forma dell’autopotenziamento. La tecnica non ha scopi di salvezza, non dischiude orizzonti di senso. e la tecnica diventa il canone universale per realizzare qualsiasi scopo, non è più uno strumento bensì il primo e pervasivo scopo di esistenza".

Silvia Angelici