REDAZIONE UMBRIA

Sound e virtuosismo senza età. Barre, fra classico e contemporaneo

L’ex chitarrista dei Jethro Tull presenterà 20 brani con un omaggio ai Beatles e alla sua storica band

Il musicista inglese, classe 1946, è stato per 43 anni nella formazione rock

Il musicista inglese, classe 1946, è stato per 43 anni nella formazione rock

Martin Barre è stato e sarà sempre il chitarrista dei Jethro Tull. Che si chiamino Mick Abrahams, Florian Ophale o Jack Clark, tutti quelli arrivati prima e dopo di lui possono mettersi l’anima in pace. Ecco perché non sorprende ritrovarlo sulla strada a celebrare i momenti d’oro di un passato che non passa con quel A Brief History of Tull che lo vede in scena domani a Sigillo, in Umbria, nell’ambito della rassegna Suoni Contro Vento, e il 28 alla Fortezza Nuova di Livorno. Una ventina i brani in scaletta, due suoi (dall’album Black Steel), uno dei Beatles (Eleanor Rigby) e diciassette-diciotto dei Jethro. Cortese e disponibile, Barre si rifugia solo in un flebile “no comment” alla domanda sui suoi attuali rapporti con Ian Anderson, vulcanico padre-padrone della band che l’ha dimissionato nel 2012 togliendo all’epopea di Acqualung e Tick as a brick un po’ del suo splendore.

Martin com’è la sua vita lontano dai Jethro Tull?

"Al netto della pandemia, sono in tour con la mia band da 12 a 14 anni. In Italia abbiamo fatto solo una dozzina di concerti, quindi tornare ci rende molto felici".

Che pubblico ha oggi?

"Ovviamente quello dei Jethro Tull. In America la band ha ancora molti fans con cui in tutti questi anni ho provato a farmi un nome pure come solista. Sono appena rientrato, infatti, da una serie di concerti oltre oceano in cui ho provato ad allargare la mia influenza anche ad un pubblico nuovo che sa poco o niente dei Tull".

Un tempo lei e Anderson a fine concerto crollavate esausti sul palco e portati via in barella. Oggi non sarebbe più tanto una gag...

"Infatti, oggi suono direttamente steso su un letto… a parte gli scherzi, mi sento molto, molto, in forma, sano e con le dita che funzionano bene. Vado a correre, gioco a tennis, e il fisico mi ringrazia di tanta attenzione offrendomi la possibilità di suonare ogni sera 2-3 ore".

Lei che ha attraversato tutta la golden era della band, sente un po’ di nostalgia?

"Alla mia età sai di non poter basare la tua carriera sulla nostalgia. Anche se un po’ ce n’è sempre. E non solo per i Jethro Tull, ma anche tanti altri musicisti splendidi come Jimi Hendrix, i Led Zeppelin o i Pink Floyd. Una nostalgia mediata da ciò che sta accadendo ora alla musica, dalla comparsa di tante grandi realtà di cui devi essere abbastanza bravo a tenere il passo".

Album preferiti?

"Non ne ho. Adoro, tuttavia, cose come Benefit, Under wraps e Crest of a Knave, penso siano punti alti della storia dei Jethro Tull. Anche se per avere punti alti devi averne avuti anche di bassi. E a volte i bassi hanno rappresentato la chiave di svolta per arrivare in alto".

“Roads less travelled”, il suo ultimo album solista, è di sei anni fa.

"Ero già in ritardo sulla lavorazione del successore quando ci ha pensato il Covid a bloccare tutto. Passata la pandemia, gli impegni di tournée non mi hanno lasciato molto tempo per finire il lavoro. Confido nell’inverno, ma so già che sarà dura".

Andrea SpinellI