
Stefano Gizzi, architetto, è il nuovo Soprindentente alle Belle Arti e Paeasggio dell’Umbria
Perugia, 5 aprile 2015 – E’ appena arrivato ma ha già le idee molto chiare. Stefano Gizzi, architetto, una carriera nazionale di prestigio assoluto, è il nuovo Soprindentente alle Belle Arti e Paeasggio dell’Umbria. Nella rivoluzione del settore voluta dal Ministero con il riordino di incarichi, funzioni e competenze, è lui a avere in mano il futuro del’arte umbra. E qui racconta per la prima volta le linee strategiche della sua azione, gli obiettivi da inseguire, le emergenze da risolvere, le eccellenze da valorizzare.
A una prima ricognizione che idea si è fatto del patrimonio della regione?
«È un territorio di eccezionale valenza e di straordinario impatto e significato, dove le tematiche da affrontare spaziano da argomenti relativi ai centri storici, alla storia della città, ai nuclei urbani sia maggiori sia minori (Perugia, Gubbio, Todi, Assisi, Spoleto, Spello, Trevi, Narni, Amelia, Bevagna, Arrone – tra i cento borghi d’eccellenza italiani-), a quelle inerenti alla tutela del paesaggio, nonché alla salvaguardia delle tipologie più caratteristiche residuali dell’architettura rurale, sino agli aspetti dell’archeologia non considerata isolatamente ma correlata agli aspetti urbani (vedi Teatro e Anfiteatro romani di Spoleto), con i relativi risvolti nell’ambito della progettazione architettonica contemporanea per la necessaria ricucitura tra siti archeologici e città attuale.
In base alla riforma quali saranno le sue funzioni?
«Si riuniscono le competenze della ex Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici con quelle della ex Soprintendenza per i Beni Storico-Artistici ed Etnoantropologici, come avveniva, d’altra parte, alcuni lustri fa. Contemporaneamente alcune strutture confluiranno (come è noto) nel cosiddetto Polo Museale (che avrà un unico dirigente direttore insieme alla Galleria Nazionale dell’Umbria): tra queste la Rocca di Spoleto, il Castello Bufalini a San Giustino, il sito del Tempietto sul Clitumno, ed altre. Ma ciò per quanto riguarda la gestione, che nel Polo Museale diventerà autonoma, anche con possibilità di autofinanziamenti, mentre la parte della tutela e dei relativi restauri andrà, naturalmente, concertata e concordata con la nostra Soprintendenza e con quella consorella all’Archeologia.
Ha già individuato le linee d’azione? Cioè su cosa punterà maggiormente?
«Sto prendendo, in questi giorni, in maniera graduale, consapevolezza di un territorio che conoscevo solo a livello personale, attraverso una serie di primi sopralluoghi e di contatti con i sindaci. Premetto che chi mi ha preceduto ha sempre perseguito una linea di massima attenzione nei riguardi della tutela. Proseguirò, pertanto, in tal senso, ritenendo fondamentali i rapporti non solo con gli Organismi del nostro Ministero, ma anche con gli Atenei e con i Dipartimenti Universitari (locali e non), nonché con gli Ordini Professionali. Darò ascolto anche a «Italia Nostra» e ad associazioni impegnate sul fronte della difesa del nostro patrimonio».
Obiettivi prioritari?
«Naturalmente quelli legati alla tutela paesaggistica e monumentale, ma con una particolare riflessione anche per il mantenimento e la conservazione dei tessuti storici minori dei centri storici e dei molti borghi fortificati: ciò attraverso linee d’azione da concertare con gli enti locali per garantire una salvaguardia da attuarsi sia attraverso le norme dei Piani Attuativi (Piani Particolareggiati o Piani di Recupero) dei Comuni, sia mediante una graduazione dei vincoli di tutela riservati alle Soprintendenze. Non avrebbe significato, infatti, conservare solo i «monumenti» singoli se cambia drasticamente il tessuto edilizio. Per questo, occorrerà garantire la sopravvivenza anche di quelle tipologie rurali sparse (masserie, case coloniche, colombaie, piccionaie, case-torri) che testimoniano una peculiare vocazione agricola, abitativa o insediativa del territorio nel corso del tempo e che contribuiscono a formare la memoria storica dell’Umbria. In questo senso, a un primo sopralluogo effettuato nei centri della Valnerina, ho potuto notare come alcune tipologie tipiche, quali le case a scale esterne in bella pietra locale, stanno quasi tutte mutando per la sostituzione dei gradini in materiale locale con elementi in cotto o, peggio, in cemento. Grande attenzione andrà, poi, posta alla valorizzazione dell’architettura contemporanea: si pensi, per fornire solo un esempio, a Terni, ove ho incontrato un sindaco di grande cultura e disponibilità, con il quale è iniziato un discorso per valutare attraverso quali modalità poter sottoporre a tutela i quartieri di Mario Ridolfi e le architetture di Giancarlo De Carlo.
A Perugia c’è la vicenda infinita di san Francesco al Prato, da anni si aspetta un auditorium. Come interverrà la Soprintendenza?
Mi sembra molto interessante ed opportuno il connubio tra architettura contemporanea ed elementi a rudere della chiesa medievale, secondo quanto sino ad ora realizzato. Il problema, come fatto presente ai progettisti ed al Comune, è quello di operare degli inserimenti tali da essere compatibili con la spazialità originaria dell’edificio, senza snaturarne i valori ed i livelli pavimentali, e senza renderne invisibili gli stucchi. Si tratta di una questione di difficile soluzione, per cui occorre evitare scelte affrettate, ed ho chiesto, quindi, di rivalutare l’intero iter progettuale svoltosi negli ultimi decenni. In sostanza, devono essere le nuove funzioni ad adattarsi all’edificio, e non viceversa. Peraltro, appare poco comprensibile come, a fronte di uno stanziamento così cospicuo per una operazione del genere, non si riescano a reperire fondi per restaurare il ciclo di affreschi dell’adiacente chiostro del Convento ora in uso all’Accademia di Belle Arti. E la recente polemica sugli affreschi della basilica di San Francesco ad Assisi? Ho effettuato personalmente un sopralluogo e, a parte i problemi dovuti forse ad una mancanza di comunicazione con la stampa, ho autorizzato lo smontaggio provvisorio dei ponteggi per l’intero periodo pasquale, sino a Pentecoste, nell’attesa di un sopralluogo congiunto con gli Organi Centrali del nostro Ministero, ossia la Direzione Generale e l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro, il quale ultimo ha da sempre collaborato alle varie scelte».
Altri grandi emergenze da risolvere?
«In primis quelle legate al paesaggio e al governo del territorio. Appena insediato ho sottolineato al Ministero le criticità presenti nella Legge Regionale n. 1 del 2015 che subordinava la tutela paesaggistica ad altri aspetti, quali quelli produttivi e di assetto strategico, ponendo varie questioni ai limiti della costituzionalità, per cui la legge è stata poi impugnata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Sotto il profilo delle criticità paesaggistiche, occorre segnalare quelle relative alle discariche nei calanchi intorno ad Orvieto: ma su questo l’attuale sindaco, in un recente incontro, ha assicurato tutto il suo appoggio per scongiurare il riempimento di altri calanchi e la formazione di altre discariche in quel sito di particolare pregio ambientale. Ancora, nell’intera area del comune di Marsciano appare imprescindibile un sistema di tutela paesaggistica che eviti il diffondersi indiscriminato di insediamenti diffusi tali da rompere l’equilibrio armonico ancora esistente tra coni visivi dai diversi colli, e particolare attenzione deve essere rivolta alla riqualificazione della frazione di Spina, terremotata e disabitata. Sempre sotto il profilo paesaggistico, segnalo le pericolose trasformazioni presenti nell’area pedemontana a nord di Terni, ove l’infittirsi di una edilizia residenziale poco controllata sta producendo il cambiamento dell’aspetto consolidato di quel luogo finora caratterizzato dalla presenza di poche ville gentilizie signorili. E, sempre presso Terni, vi è l’altra questione aperta del recupero del significativo sito di archeologia industriale della ex Telfer, immortalato dall’iconografia novecentesca nonché da scenografie filmiche, ove è impensabile dar luogo a demolizioni sull’onda di spinte emotive e senza una adeguata conoscenza storica dei progettisti e degli ingegneri che hanno creato quei particolari manufatti. Inoltre, esistono varie incognite legate all’alterazione degli skylines in siti archeologici rilevanti, a causa di coperture invasive: così a San Giustino, nell’area della Villa rustica di Plinio, o ad Amelia, ove le mura poligonali hanno una copertura assolutamente surdimensionata e probabilmente ormai non più utile, o ancora a Spoleto, ove si discute sulla eventualità di coprire il Teatro Romano. Quello delle coperture delle aree archeologiche è uno dei temi più difficili della composizione architettonica, ed esistono rari esempi positivi al mondo, in quanto l’impatto di quelle strutture è sempre notevole. Peraltro, è noto, nel caso del Teatro Romano di Spoleto, che una decina di anni fa la allora appena nata Direzione Generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanee del nostro Ministero avesse indotto un concorso di progettazione per la sistemazione di quel Teatro e, nonostante l’esito finale con tanto di vincitore premiato, tutto è rimasto sulla carta e si vorrebbe ora riconvertire tale somma per una protezione sommitale del tutto superflua».
L’elenco è vastissimo...
«Ci sono, poi, tematiche complesse particolari, che sarebbe opportuno approfondire prima di prendere decisioni affrettate, quali quelle relative alle Cattedrali di Orvieto e di Spoleto. Per la prima è in discussione, da molti anni, la possibilità di ricollocare all’interno della navata i gruppi scultorei cinque-seicenteschi che vennero rimossi alla fine dell’Ottocento, secondo i canoni dei restauri ‘puristi’ o medievaleggianti in voga a quell’epoca in tutta Italia. Per la seconda, c’è una richiesta, da parte della Curia, dello smontaggio dell’altare settecentesco di Valadier, realizzato con marmi donati appositamente da Pio VI Braschi, per sostituirlo con un’ara medievale ora conservata nella chiesa di Sant’Eufemia ma che originariamente era nel Duomo, il quale, però, ha ora un interno di impianto neoclassicheggiante: un argomento concettuale che si lega alla questione del mantenimento o meno delle aggiunte nel restauro dei monumenti, conservando il palinsesto delle stratificazioni o successioni storiche.
Sofia Coletti