"Malati di Sla tra mille disagi e senza risposte"

Perugia, il presidente Bianconi sollecita la Regione

Malati di Sla in piazza del Campidoglio

Malati di Sla in piazza del Campidoglio

Perugia, 20 aprile 2016 - «La condizione dei malati di Sla in Umbria è grave». A denunciare le troppe carenze del percorso assistenziale è Fortunato Bianconi, coordinatore regionale di Aisla, l’associazione di riferimento per chi soffre di sclerosi laterale amiotrofica, che da anni si batte per «svegliare un sistema lento nelle risposte e spesso latitante». Nel ‘Cuore verde’ sono circa 80 i casi accertati, una quarantina solo nel capoluogo, alle prese con i disagi e le difficoltà di una sanità che stenta a funzionare.

IN CIMA alla lista dei problemi c’è il Centro regionale Sla di Perugia: «Dovrebbe farsi carico dei pazienti, dalla diagnosi alla fase più avanzata della malattia, e invece fatica molto a seguirli», sostiene Bianconi, che ogni giorno è in contatto con i malati. Per dare «risposte concrete ai pazienti e ai loro familiari – aggiunge Bianconi – serve un’equipe medica multidisciplinare e punti di riferimento certi che la struttura non garantisce. La malattia, soprattutto in fase acuta, ha risvolti che toccano molte branche mediche e il coordinamento tra specialisti è fondamentale, ma all’ospedale Santa Maria della Misericordia questo non succede».

NEL PACCHETTO delle criticità c’è anche la disomogeneità tra le Asl del territorio: «Ogni distretto – spiega Bianconi – decide autonomamente nonostante ci sia una normativa regionale in materia. Il sistema è fuori controllo perché ospedale e Asl non si integrano e spesso il malato si trova a dover gestire ogni problema al proprio domicilio, senza aver ricevuto nessuna informazione».

QUESTIONI in piedi da tempo e finite al centro di un tavolo tecnico che, tuttavia, non è più operativo: «Per riattivarlo – riferisce Bianconi – lo scorso luglio abbiamo scritto una lettera all’ex assessore Luca Barberini, evidenziando le problematiche esistenti sul territorio e la necessità di dare risposte domiciliari concrete e qualificate. Ma ancora niente». Un silenzio che pesa come un macigno sulle spalle di chi convive con una malattia dura e progressiva. «Eppure i fondi ci sono», conclude Bianconi, che chiede con forza l’intervento delle istituzioni regionali per garantire «l’attivazione concreta, e non solo formale, di un Centro in grado di dare risposte adeguate, specie nelle fasi più avanzate e critiche della malattia».