di Patrizia Peppoloni
Costi impazziti per aziende agricole e allevamenti, guadagni quasi azzerati e investimenti paralizzati. Il fermo immagine di una emergenza infinita che, in Valnerina, va avanti dal devastante terremoto del 2016, seguita dalla pandemia e ulteriormente appesantita, ora, dai rincari energetici e dei carburanti, dall’aumento smodato dei costi delle materie prime, dalla siccità. Le voci degli impreditori agricoli e degli allevatori parlano chiaro: la situazione è drammatica e a fine anno potrebbero essere molte le aziende costrette a gettare la spugna.
Claudio Salvatori è il titolare di un grosso allevamento bovino di Norcia, che conta 450 mucche da latte e 300 ettari di terreni irrigabili: "Ormai siamo di fronte ad un raddoppio totale dei costi – spiega –, che in alcuni casi sono addirittura triplicati rispetto al 2021, ad esempio per i concimi. E’ vero che dal marzo scorso il prezzo del latte è cresciuto di circa il 25-30 per cento ma i costi per noi sono ben più che raddoppiati per cui buona parte degli aggravi resta sulle nostre spalle. Ormai i prezzi dei foraggi sono fuori mercato, siamo in una sorta di tempesta perfetta, in più si è aggiunta la siccità, foraggio e cereali che scarseggiano, il gasolio agricolo che è raddoppiato. Di questo passo temo che a fine anno molte aziende chiuderanno. Anche perchè ormai si lavora rimettendoci, se sei proprio bravo riesci ad andarci paro, ma più sei costretto ad acquistare sul mercato peggio è. Noi per un periodo, buoni sei mesi, abbiamo lavorato in rimessa, poi il prezzo del latte è un po’ aumentato e ci ha dato un po’ di respiro ma la forte sofferenza legata all’aumento dei cereali, dei concimi e dell’energia resta. Ad onor del vero i rincari energetici erano iniziati già prima della guerra in Ucraina e penso che ci sia anche un po’ di speculazione, i concimi sono triplicati, neppure raddoppiati. E’ raddoppiata rispetto all’anno scorso anche la soia ad esempio, che non ha nulla a che vedere con l’Ucraina. Al mondo ormai i cereali li muovono 4 o 5 multinazionali, che poi fanno cartello. A noi non resta che difenderci riducendo le spese e azzerando gli investimenti, col rischio di ritrovarci poi fuori dal mercato produttivo, bisogna sperare che si inverta la rotta". Anche le cifre che porta Antonio Salvatori, titolare di un’altra azienda di Allevamento di bovini a Norcia, ribadiscono il concetto. "Io allevo mucche da latte (50 capi) e nel nostro comparto la situazione è pessima. E’ tutto raddoppiato. Per il granoturco si è passati da 21 a 44 euro mentre per la soia da 31 a 67. Uno scarico di nafta da mille litri lo pagavo 680 euro e adesso sono arrivato a spendere 1500 euro. Niente può bilanciare questi aumenti, anche se il latte un pochino è aumentato non si riesce certo a bilanciare le perdite. Anche perchè siamo passati di emergenza in emergenza: nel 2016 il devastante terremoto, poi la pandemia, ora gli effetti della guerra in Ucraina e della siccità. La disponibilità di fieno è quasi niente rispetto alle esigenze e alle aspettative. Mi mancano 100 balloni di fieno: roba che prima c’era, non si comprava. E oltretutto quello che abbiamo prodotto da soli di fieno, alla fine, mi è costato più di quello che ho comprato. La speranza a questo punto è che aumentino ancora un po’ il prezzo del latte. La mia ultima bolletta per l’energia elettrica della stalla è passata da 260 a 700 euro. A tutto questo si aggiunge anche la rateizzazione delle bollette dell’energia elettrica non pagate dopo il sisma, per non farci mancare niente".