Per colpa del Covid 6.500 occupati in meno

L’analisi di Agenzia Umbria Ricerche: a rimetterci di più gli uomini. Cancellati 8.800 contratti a termine, diminuiscono del 5% i part-time

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Nell’ultimo anno l’Umbria ha perso quasi 6.500 occupati, con un tasso di caduta (-1,8%) che ha penalizzato di più la componente maschile (-1,9% contro -1,7%) ma che ha lasciato inalterato il tasso di femminilizzazione dell’occupazione (42%). In Italia invece, il calo è stato un po’ più elevato (-2,0%) e ha colpito più pesantemente le donne (-2,5% contro -1,5%)".

Elisabetta Tondini dell’Agenzia Umbria Ricerche, ha analizzato gli effetti del Covid sui lavoratori, riscontrando come la pandemia "si sia riversata sul mondo del lavoro con ripercussioni disomogenee per territorio, settore e categorie sociali, per un impatto complessivamente negativo su livelli occupazionali e intensità lavorativa. A pagare le conseguenze sono stati i giovani, i contratti a termine e di apprendistato, i livelli di istruzione più bassi, le attività considerate non essenziali, con effetti asimmetrici assai rilevanti per caratteri ed entità".

"Seguendo il trend nazionale – spiega Tondini –, la regione ha perso 5 mila lavoratori dipendenti, con una decurtazione più accentuata per gli uomini. Sul fronte del lavoro autonomo, la perdita è stata di oltre 1.500 occupati, praticamente tutte donne, a fronte di un ampliamento della compagine maschile. La scure della crisi si è abbattuta in maniera selettiva sul lavoro subordinato, colpendo esclusivamente i contratti a termine e in Umbria con più forza che in Italia (-17,6% e -12,8% rispettivamente): così, nel 2020, 8.800 dipendenti con contratti a termine, svincolati dal blocco dei licenziamenti e per natura suscettibili di mancati rinnovi, hanno perso lavoro".

Le donne in Umbria, secondo l’indagie Aur sono state più penalizzate (-18,1% contro -17,2% maschile) ma la perdita di circa 4.200 dipendenti assunte con contratti temporanei, è stata in parte bilanciata da un aumento di oltre 3 mila tempi indeterminati. Il tasso di caduta tra gli uomini (-2,8%) è stato invece l’esito di 4.500 contratti a termine in meno, parzialmente compensati da neanche 700 contratti a tempo indeterminato in più rispetto all’anno precedente.

Dalla ricerca è emerso che il lavoro a tempo indeterminato è aumentato, in Umbria più che in Italia. Il 2020 è stato anche un anno segnato dalla diminuzione del part time (-5,0% in Umbria, -4,6% in Italia), altra forma contrattuale particolarmente esposta a subire tagli in casi di difficoltà del mercato, con ritmi più sostenuti di quelli verificatasi nei tempi pieni (-0,9% e -1,3%). "In valore assoluto – conclude l’ecnomista – l’Umbria ha perso 3.700 contratti part time e oltre 2 mila 700 a tempo pieno".

M.N.