Papà "disconosciuto" dai giudici

L’amante denuncia la mamma: "La bimba è mia". Doppio-procedimento

Tribunale (foto d'archivio)

Tribunale (foto d'archivio)

Perugia, 24 aprile 2019 – Ad appena sei anni dovrà scoprire di essere figlia di un altro papà. Ed è meglio che la piccola «affronti la realtà il più presto possibile», piuttosto «che in età preadolescianziale», con «il rischio di vivere lo svelamento come una menzogna duratura proposta dagli adulti principali di riferimento» scrivono i giudici del tribunale civile di Perugia che dopo due anni hanno sciolto la riserva attorno a uno dei casi più delicati e spinosi, dichiarando il padre legittimo non più padre e “favorendo il graduale inserimento nella famiglia del padre biologico”. In pratica i giudici hanno stabilito che è preminente per la bambina l’interesse a sapere la verità sulle sue origini, piuttosto che a mantenere inalterato il suo equilibrio familiare.

Una sentenza che ora andrà a pesare anche nel procedimento in corso davanti al gup con il rito abbreviato – sospeso in attesa della pronuncia civile – contro la madre accusata di alterazione di stato. Per aver fatto riconoscere al marito la bimba, pur sapendo che era di un altro uomo.

A innescare i procedimenti era stato il padre biologico con due esposti alla procura di Perugia. di lì l’imputazione: la donna (una quarantenne della provincia di Perugia) finisce sotto accusa. Una perizia, disposta nell’ambito di un incidente probatorio, stabilisce che la piccola non è figlia del padre giuridico ma dell’amante.

E’ il curatore speciale della bimba, l’avvocato Delia Adriani, a promuovere il procedimento per disconoscimento della paternità davanti al tribunale civile. Si oppongono la mamma e il papà. Mentre il padre naturale viene estromesso dal giudizio. I giudici – la presidente Mariella Roberti e i colleghi Claudio Baglioni e Ilenia Miccichè – dispongono una consulenza psicologica sui due nuclei familiari per stabilire se l’azione di disconoscimento è sconsigliata per il futuro benessere psico-fisico della minore, pur se «il favor veritatis – è scritto in sentenza – rimane il principio di riferimento». La consulente sostiene che la piccola non va sradicata dall’attuale contesto familiare e, contemporaneamente inserita in quello del padre biologico.

Una sentenza che però diventerà operativa solo se definitiva. Non è escluso infatti che madre e padre giuridico ricorrano in appello ritenendo che la verità possa pregiudicare il sereno sviluppo della bimba. Ora la questione torna all’attenzione del giudice penale.