Omicidio Piampiano. Indagini ancora aperte “Sopralluogo“ sul Monte Subasio

Familiari e amici hanno raggiunto, alla stessa ora della tragedia, il luogo dove l’11 gennaio 2023 Piero Fabbri esplose il colpo che uccise Davide La mamma: "Non era buio come si è detto. Si faccia chiarezza".

Omicidio Piampiano. Indagini ancora aperte “Sopralluogo“ sul Monte Subasio

Omicidio Piampiano. Indagini ancora aperte “Sopralluogo“ sul Monte Subasio

Omicidio di Davide Piampiano, a distanza di un anno le indagini sono ancora aperte da parte della Procura di Firenze, con diversi aspetti da chiarire. E forse proprio per questo giorno, in occasione dell’anniversario dell’uccisione del ragazzo in località Carabone, sul monte Subasio, familiari e amici hanno raggiunto il luogo dove, l’11 gennaio 2023, Piero Fabbri esplose il colpo mortale durante una battuta di caccia al cinghiale in area proibita. Un’ascensione per rivedere il luogo negli stessi minuti, in condizioni non molto dissimili da quelli in cui si è consumata la tragedia. E per cercare di capire come Davide possa essere stato scambiato per un cinghiale da Fabbri, cacciatore esperto e conoscitore dei luoghi. “Sopralluogo“ che ha lasciato - al di là del dolore incessante -, ulteriori perplessità, a cominciare dal buio invocato dallo sparatore: le condizioni di luce - pur con tutti i benefici del caso - non sono apparse tali da impedire di distinguere una persona (con giubbetto ad alta visibilità e con in mano un cellulare e un localizzatore gps accesi) da un animale. "Non era buio come si è detto, è necessario che si faccia finalmente chiarezza e che l’inchiesta venga conclusa" dice Catia, mamma di Davide, anche lei sul luogo del dramma con papà Antonello, la sorella Valeria, familiari e amici. Su una vicenda per la quale non è stata neppure accolte le richieste dei familiari di Davide di una ispezione del luogo dell’omicidio e di una consulenza balistica che potesse ricostruire con la massima attendibilità quanto accaduto. Ricostruzione che si basa molto sul racconto di Fabbri che, in un primo tempo, aveva detto che Davide si era sparato da solo. Inoltre non si era preoccupato di chiamare immediatamente i soccorsi, ma si era adoperato per “inquinare“ le prove, di fatto “smarcandosi“ anche da eventuali accertamenti di legge.

Con la verità emersa grazie solo alla telecamera che il giovane portava in testa, con relativo arresto di Fabbri il 27 gennaio, la scarcerazione il 14 febbraio, con l’obbligo obbligo di firma in due ore del giorno presso la stazione del Carabinieri di Assisi. Misura coercitiva scaduta, essendo decorso il termine massimo previsto dalla legge per il tipo di reato contestato.

Maurizio Baglioni