Maria morì in ospedale, il giudice si riserva

In ballo c’è la decisione sull’opportunità di disporre nuove indagini. Papà Gennaro insiste: "Con l’Ecmo mia figlia poteva essere salvata"

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Maria Elia era morta a causa della “cid“, la coagulazione intravascolare disseminata. Il 27 marzo scorso, a 48 ore dal suo ricovero in ospedale, dove era arrivata quando aveva iniziato ad accusare difficoltà respiratorie dopo alcuni giorni di quella che appariva come una normale influenza. Gli accertamenti, invece, avevano evidenziato che la giovane, residente a Balanzano, era affetta da una polmonite interstiziale di origine virale, a cui si era aggiunta un’infezione batterica, quest’ultima causata dallo stafilococco aureo. Una combinazione che, avevano evidenziato gli accertamenti disposti dalla Procura di Perugia, le era stata letale.

Perché aveva creato una sorta di “infezione“ generalizzata da cui sarebbe, dipeso poi la “cid“, ovvero, piccoli trombi che raggiungno tutti gli organi e creano disfunzioni; al tempo stesso le piastrine si riducono e si manifestano le emorragie. Dopo essere stata intubata e trasferita in terapia intensiva, Maria, 17 anni, era morta. La Procura aveva aperto un fascicolo per omicidio colposo per poi avanzare la richiesta di archiviazione al gip, non avendo rilevato le indagini elementi per sostenere che potesse esserci stato un errore, una sottovalutazione, un protocollo non applicato in modo corretto né che l’infezione potesse essere in qualche modo riconducibile a negligenze di qualche tipo dell’ospedale. Contro l’archiviazione si era opposto il padre, assistito dagli avvocati Antonio Cozza e Nicodemo Gentile. Opponendosi, Gennaro Elia ha sostenuto, di fatto, che Maria poteva essere salvata. In particolare se fosse stata sottoposta a Ecmo, ovvero a ossigenazione extracorporea del sangue. Ieri l’udienza contro l’archiviazione del fascicolo davanti al giudice Natalia Giubilei, nel corso della quale i legali della famiglia hanno rinnovato i loro dubbi e gli elementi evidenziati dai propri consulenti tecnici. Il giudice si è riservato la decisione.

"E’ stato molto doloroso – racconta Gennario Elia –. Per me è stata la prova volta in un’aula di Tribunale, con la consapevolezzache secondo me mia figlia poteva essere salvata. Se fosse stato attivato l’Ecmo poco dopo il ricovero, così come tutti i parametri clinici suggerivano, Maria avrebbe avuto il 92% di probabilità di sopravvivere. Questa – conclude papà Gennaro – è una battaglia che conduco per tutti: all’ospedale di Perugia l’Ecmo c’è, è un salvavita e deve essere utilizzato".

Luca Fiorucci

Annalisa Angelici