Toghe nella bufera, indagato un altro giudice

La procura di Firenze contesta l’abuso d’ufficio a Salcerini. Le “pressioni“ del collega Sdogati per nominare l’avvocato Bertoldi

Tribunale (foto d'archivio)

Tribunale (foto d'archivio)

Perugia, 12 gennaio 2020 -  Anche il giudice Simone Salcerini, Delegato alla Fallimentare del tribunale di Spoleto – originario di Città di Castello e un passato tra Torino e Arezzo – è finito nella bufera scatenata dall’indagine per corruzione sul collega Tommaso Sdogati e sugli avvocati Nicoletta Pompei e Mauro Bertoldi (entrambi agli arresti domiciliari per corruzione e traffico di influenze). Il pm Luca Tescaroli, Aggiunto di Firenze, gli ha notificato un invito a comparire per la prossima settimana con l’ipotesi di abuso d’ufficio, in relazione alla nomina di Bertoldi, quale delegato alle vendite, dopo le pressioni del collega.

La decisione degli inquirenti su Salcerini arriva dopo l’interrogatorio di Sdogati davanti al gip che l’ha sospeso dalle funzioni per due mesi ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza per la corruzione in atti giudiziari e il pericolo di reiterazione del reato: se al lavoro potrebbe avvantaggiare nuovamente la compagna avvocato e il suo socio di studio. Il giovane magistrato, al suo primo incarico dopo l’uditorato svolto a Perugia, ha ammesso di aver chiesto al collega Salcerini di nominare Bertoldi. Nei giorni scorsi la procura di Firenze ha acquisito anche l’elenco dei delegati alle vendite del tribunale in cui, in una riga, compare sbarrato il nominativo di un professionista sostituito con quello di Bertoldi. C’è inoltre il sospetto che poco prima delle ordinanze di custodia cautelare del dicembre scorso all’avvocato sia stato affidato un altro incarico, oltre a quello del 9 ottobre scorso. Tutte questioni che potrebbero essere chieste allo stesso Salcerini.  

Al gip Sdogati "ha dichiarato di aver parlato due sole volte con il giudice Salcerini segnalandogli l’iscrizione di Bertoldi nelle liste dei delegati ma ha negato d aver effettuato qualsivoglia pressione sul medesimo". «Gli ho detto “Simò senti l’hai fatta quella – io non mi ricordo se ho detto cosa o cosina – cosa?“, perché lui mi aveva detto che c’avrebbe avuto da dare delle deleghe". L’interessamento di Sdogati su Salcerini è del 9 settembre scorso, esattamente un mese dopo a Bertoldi arriva via pec la nomina per la vendita di un immobile a Todi. Sdogati sapeva, secondo l’accusa, che i proventi degli incarichi sarebbero stati divisi a metà tra la Pompei e Bertoldi. " ... fino alla morte, per dirti che anche se non vieni più in ufficio ... quando me pagano è a metà", diceva, intercettato, Bertoldi alla Pompei. Una circostanza che Sdogati dice di non sapersi spiegare. "Le anticipo la domanda che avrei fatto all’avvocato Pompei, dice “perché dividono a metà... perché questa metà doveva durare tutta la vita?", chiede Pezzuto. Sdogati: "Ah, questo no, la lettura di questa cosa tra de loro non gliela so dà...". Sdogati non ha saputo nemmeno spiegare perché, durante le intercettazioni la Pompei gli dice “ ma lo sai che serve anche per noi, no!... cioè sempre una cosa in più ". "La spiegazione di tale espressione fornita da Sdogati – dice Pezzuto – non è assolutamente convincente. L’indagato sostiene infatti che “ serve anche per noi “ intende per lei e per il collega di studio. Intanto il tribunale del Riesame di Firenze ha fissato al 15 gennaio l’udienza per discutere la revoca dei domiciliari sollecitata dagli avvocati Guido Rondoni e Roberto Erasti per la Pompei mentre gli stessi legali sono al lavoro per presentare appello contro il provvedimento di interdizione nei confronti di Sdogati. Quest’ultimo potrebbe chiedere autonomamente il trasferimento in un’altra sede. Dopo la procura infatti è atteso l’avvio dell’azione disciplinare da parte del Csm. Nei prossimi giorni si muoverà anche la Sezione disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Perugia.  

Erika Pontini © RIPRODUZIONE RISERVATA