SOFIA COLETTI
Cronaca

Destinati al vento Detenuti attori a teatro

Doppia recita per lo spettacolo di Vittoria Corallo nato da corsi di recitazione e illuminotecnica in Carcere. In scena anche gli studenti

Doppia recita per lo spettacolo di Vittoria Corallo nato da corsi di recitazione e illuminotecnica in Carcere. In scena anche gli studenti

Doppia recita per lo spettacolo di Vittoria Corallo nato da corsi di recitazione e illuminotecnica in Carcere. In scena anche gli studenti

Torna per la settima edizione il progetto “Per Aspera Ad Astra - riconfigurare il carcere attraverso la cultura e la bellezza”, pensato per contribuire al recupero dell’identità personale e alla risocializzazione dei detenuti. Lo fa con lo spettacolo “Destinati al vento“ ideato e diretto da Vittoria Corallo ispirandosi al “Marcovaldo“ di Italo Calvino e promosso da Acri (l’Associazione nazionale delle fondazioni di origine bancaria) con il sostegno di Fondazione Perugia e prodotto dal Teatro Stabile dell’Umbria. Esito di una ricerca portata avanti con i detenuti della Casa Circondariale di Capanne, lo spettacolo vedrà protagonisti, sul palco e dietro le quinte, gli stessi detenuti affiancati da studenti dei licei e andrà in scena giovedì 15 maggio alle 18 al Carcere di Capanne e lunedì 19 maggio alle 19.30 al Morlacchi, con ingresso gratuito e aperto a tuttia la cittadinanza. Per la recita a Capanne bisogna inviare una mail a: [email protected] entro giovedì 8 maggio, per quella al Morlacchi si possono prenotare i biglietti dal 30 aprile sulla piattaforma Eventbrite.

Quest’anno il progetto ha previsto un corso di recitazione e rielaborazione drammaturgica e un corso di Illuminotecnica e fonica teatrale all’interno del Carcere di Capanne e ha coinvolto nove studenti e studentesse dei licei Alessi, Galilei, di Betto, Pieralli. Ieri lo spettacolo è stato presentato a Palazzo Graziani (foto sopra). "E’ molto più di un progetto teatrale: è un gesto concreto di fiducia nelle persone e nelle loro possibilità di rinascita" ha detto il vicepresidente di Fondazione Perugia Franco Moriconi mentre per Nino Marino, direttore del Teatro Stabile, "il progetto rappresenta una delle esperienze più alte e necessarie che un teatro pubblico possa sostenere: ci ricorda che la cultura ha il potere di aprire varchi, attraversare i muri, farci incontrare là dove sembrerebbe impossibile. Portare il teatro dentro il carcere e il carcere dentro il teatro significa costruire un ponte reale tra mondi apparentemente distanti, ma legati da un destino comune: essere comunità".

Quindici (in attesa delle autorizzazioni della Magistratura) saranno i detenuti-attori al Morlacchi: "I partecipanti hanno lavorato per mesi alla costruzione di una performance corale, fatta di studio, prove, emozioni e riscoperta di sé – ha sottolineato la direttrice della Casa Circondariale di Capanne, Antonella Grella –, questo evento si conferma parte integrante del percorso di cambiamento e reinserimento sociale". E’ stata poi Vittoria Corallo a raccontare con fervore appassionato il progetto diventato negli anni "un momento di dialogo con la cittadinanza, segno che abbiamo intercettato un bisogno profondo. Ed essenziale – aggiunge – è stata la collaborazione con gli studenti dei licei, hanno mostrato una consapevolezza sorprendente e toccante".

E poi ci sono loro, i detenuti "che all’inizio partecipano al corso distrattamente, quasi per passare il tempo, ma poi cambiano, la motivazione cresce e diventa autentica. Vivono il teatro come esperienza concreta, con la capacità di essere presenti, con se stessi e gli altri". Per questo si è scelto Marcovaldo di Italo Calvino. "E’ uno dei ‘poveri diavoli’ rimasto ai margini ma non è mai aggressivo: sa ritagliarsi spazi di esperienza, spiragli di bellezza. Anche in carcere, dove c’è una forte maschilità, legata al culto del corpo, alla durezza dei rapporti, entrare nel mondo leggero e poetico di Calvino è un atto rivoluzionario". Da qui nasce lo spettacolo con elementi tratti dal Marcovaldo e dalla visione del documentario “Roger and me“ di Michael Moore uniti in uno sguardo rivolto ai movimenti sociali ed economici contemporanei. "Un lavoro istintivo – dice la regista – una riscrittura guidata dalle persone che ho davanti in un continuo gioco di specchi e rimbalzi".