
Dalla ’chiamata’ di Corrado Viciani all’intuizione di D’Attoma e Ramaccioni
Nato come allenatore nella piccola Perugia (Di Franco D’Attoma e Silvano Ramaccioni) Ilario Castagner ha guidato anche le sorti calcistiche di due metropoli del pallone, Roma e Milano: prima il Milan di Giussy Farina, poi, a ruota, l’Inter di Ernesto Pellegrini. Soltanto Pioli ha guidato i biancazzurri della capitale, i nerazzurri lombardi (per poco) e ora ha vinto lo scudetto coi milanisti. A memoria non esistono in Italia altri ‘’mister” che si siano seduti su tre così prestigiose panchine. Ci sono state abbinate, ma terne pare di no: Liedholm è stato rossonero e giallorosso romanista; Spalletti è diventato nerazzurro transitando dalla squadra di Totti; Giovanni Trapattoni ha condotto la Juve e gli interisti. Ilario Castagner, un veneto capitato da calciatore in Umbria perché a Prato (serie C) aveva dimostrato di saper fare diversi gol. Doti di cannoniere confermate pure con la maglia del grifo. Lo definirono ‘’un buon attaccante’’. Ma la svolta di una vita diversa cominciò a dargliela Corrado Viciani, che a Terni s’era affermato come ‘’cantore del calcio corto’’ che, per dirla in termini più spicciativi, vuol dire ‘’se il pallone lo abbiamo noi, non ce l’hanno gli avversari’’. Con questo scaltro escamotage Viciani, toscano nato a Bengasi, portò le fere dalla serie C alla B. E conquistò la chiamata dell’Atalanta. Dove si trasferì portandosi come ‘’secondo’’ il giovanotto Castagner che aveva notato sui campi della terza serie. I destini degli uomini evolvono o involvono anche a seconda delle persone incontrate. L’occhio lungo o il fiuto di Viciani che volle al suo fianco un trainer sconosciuto e inesperto, si sono improvvisamente fusi con le intuizioni di Franco D’Attoma e Silvano Ramaccioni accorsi - metà degli anni ’70 - a sollevare un Perugia quasi precipitato in serie C e pronti a scommettere su quel mister semi ignoto per affidargli, nel giro di un paio di anni, un manipolo di ragazzi ansiosi di far carriera. Fra gli altri Alex Frosio, Renato Curi, Franco Vannini, Antonio Ceccarini. Poi anche Aldo Agroppi, Walter Novellino, Salvatore Bagni, Walter Speggiorin, Gianfranco Casarsa: ottavo posto il primo anno, sesto nei due campionati successivi. Poi il boom che ha fatto sbarrare gli occhi del calcio italiano: nella stagione 1978-’79 seconda posizione, dietro il Milan di Nils Liedholm, e senza subìre nemmeno una sconfitta. Facile, e naturale, per i cronisti, parlare di ‘’Perugia dei miracoli’’. Il record dell’imbattibilità l’ha uguagliato soltanto 13 anni dopo il Milan di Fabio Capello. Periodo d’oro che si fece alla svelta a considerare ‘’irripetibile’’ La piccola provincia aveva osato tanto. Ma qualcosa di più poteva ancora avvenire: l’ingaggio di Paolo Rossi, il goleador sottratto ai sogni di tutta Italia, la cavalcata (non fortunatissima) nelle contese europee. Poi - fine del meraviglioso ciclo - la separazione tra il Perugia e Castagner pronto (1980) a rispondere alle sollecitazioni della Lazio. E poi a volare verso il capoluogo lombardo per ricamminare in avanti con i diavoli rossoneri scivolati in B e subito dopo con gli ambrosiani che avevano ingaggiato un fuoriclasse come il tedesco Karl Heinz Rummenigge. Nel fluire della carriera anche Ascoli e un paio di ricontatti col Perugia di Luciano Gaucci: amori e qualche burrasca col generoso ‘’ciclone’’, arrivato dalla capitale.
gianfranco ricci