REDAZIONE UMBRIA

Con una bici riuscì a fuggire dall’Olocausto

Pedalò per un mese da Bolzano all’Altotevere per scappare dai nazisti: a Carlo Rossi assegnata la medaglia d’onore alla Memoria

Con una bici trovata a Bolzano è riuscito a fuggire dagli orrori della guerra e dei lager nazisti. In sella una due ruote che il destino, o la fortuna, gli ha messo davanti, e pedalando per un mese è tornato dai suoi cari, a Città di Castello. E’ l’incredibile storia di Carlo Rossi (nato nel comune tifernate il 29 aprile 1916), figlio di contadini che nel maggio del ’44 fu deportato dai nazisti prima in Polonia poi in Olanda e finire in Germania ad Amburgo: da qui, alla fine della guerra, tramite mezzi di fortuna è arrivato a Bolzano, dove ebbe la fortuna di recuperare una bicicletta, che è ancora oggi funzionante: si mise in sella alla due ruote e con i suoi miseri 45 chili di peso a fine agosto 1945 tornò dalla sua famiglia. La libertà su "due ruote".

E ieri mattina al "salone Bruschi" della Prefettura di Perugia, il prefetto Armando Gradone ha consegnato undici medaglie d’onore concesse dal Presidente della Repubblica a cittadini deportati ed internati nei lager nazisti durante la seconda guerra mondiale. Fra gli insigniti da questa alta onorificenza anche il tifernate, Rossi, deportato dai nazisti nei campi di concentramento in Germania, scomparso nel 2002 all’età di 86 anni, la cui storia al pari di tante altre è particolarmente significativa e commovente.

Il figlio, Paolo Rossi ha ritirato il premio in memoria del padre accompagnato dalla figlia Rosita e dall’assessore alla cultura del comune tifernate, Michela Botteghi. Questa incredibile storia è racchiusa in diverse memorie scritte ovunque, in fogli di fortuna, scatole di medicinali, pacchetti di sigarette: documenti che il figlio Paolo e la nipote Rosita, custodiscono gelosamente "Il 24 maggio del 1944 mio padre – precisa il figlio Paolo – mentre si recava ad Umbertide fu vittima di rastrellamento da parte dei militari tedeschi. Venne catturato e fatto salire su un camion dell’esercito tedesco assieme ad altre 50 persone. Li portarono prima a Perugia poi a Firenze: vennero poi caricati in un treno diretto a Verona costretti a viaggiare come "acciughe" (testuali parole tratte dal suo diario)". Da lì a Bolzano, l’Austria e Amburgo, dove vennero schedati e " trasferiti a Varsavia dove furono costretti a duri lavori". Anni difficili, fino al gennaio 1945 con l’avanzata del fronte russo, il trasferimento a Rotterdam. Infine la liberazione. E da lì, il viaggio per tornare fino a Città di Castello, con una bici trovata a Bolzano.