REDAZIONE UMBRIA

Addio a Giuseppe Gatti, lo storico proiezionista del Pavone

Perugia in lutto per la scomparsa di un uomo che ha dedicato la propria vita al cinema. La tradizione prosegue con i figli

Buio in sala, il cinema è in lutto. Perugia piange la scomparsa, a 81 anni, di Giuseppe Gatti, storico proiezionista del Pavone dove ha lavorato per oltre 50 anni, fino da quando era ragazzino, accompagnando i cambiamenti del costume, dei gusti e della tecnologia. Nel 2002, con i figli Mirco e Mauro (che hanno ereditato mestiere, talento e passione per la settima arte) ha fondato la CineGatti che ha gestito per anni il Pavone e adesso si occupa dei cinema Méliès e Sant’Angelo e dell’arena estiva del Frontone. I funerali si tengono stamattina alle 10.30 nella chiesa di Case Bruciate.

"Con lui se ne va un pezzo importante della storia culturale di Perugia", dicono il sindaco Andrea Romizi e l’assessore alla cultura Leonardo Varasano, che esprimono le più sentite condoglianze alla famiglia. "Giuseppe Gatti – proseguono – resterà uno dei personaggi più cari e vivi nella memoria cittadina, legato a un mestiere affascinante, tramontato con l’avvento del digitale, e a una passione per il cinema che continua a vivere, in particolare, nei figli Mirco e Mauro". Da sempre residente nel centro storico, nella sua casa di via della Torricella, Giuseppe Gatti è stato il simbolo del cinema nell’acropoli, conosciuto e apprezzato da tutti per il carattere solare, per la vitalità, l’amore per la musica e per la sua numerosa famiglia, con sette figli.

"Ha trasmesso passione e amore a tutti – lo ricorda con grande affetto e commozione il figlio Mirco – ha dedicato la sua vita al cinema e la sua storia ricalca quella del film Nuovo Cinema Paradiso".

L’avventura nel mondo della celluloide di “Peppino“ Gatti comincia infatti nel 1952, quando aveva i calzoni corti e dopo la scuola passava tutti i pomeriggi al Pavone. "C’era un proiezionista sgraziato che gli ha insegnato tutti i rudimenti del mestiere", racconta Mirco. Giuseppe ha iniziato cambiando i colori del padellone (il riflettore che illuminava il palcoscenico), poi è diventato ragazzo di cabina con il compito di riavvolgere le pellicole, nel 1954 ha preso il patentino da operatore: "Aveva 14 anni, era ancora minorenne – prosegue Mirco – e da lì non si è più fermato. Il Pavone è stata la sua seconda casa o forse la prima, lì faceva tutto, non solo l’operatore di cabina, conosceva i segreti del palcoscenico e del dietro le quinte. Tra l’altro a quei tempi il lavoro di operatore era durissimo. Il proiettore funzionava con i carboni che bisognava tenere sempre accesi".

Nella sua storia filtra in controluce quella dell’acropoli perugina. Nei suoi aneddoti amava raccontare quando Piazza della Repubblica si riempiva di auto in sosta oppure quando il pubblico reagiva in modo esagerato e appassionato alle proiezioni sul grande schermo. Come quando nei primi anni Settanta gli spettatori inferociti tentarono di picchiare un regista perché il film era troppo brutto oppure quando all’epoca di ”Tenebre” di Dario Argento un anonimo scrisse sul muro all’ingresso del Pavone il nome dell’assassino. Negli ultimi anni Gatti si era ritirato ma finché la malattia glielo ha consentito ha sempre seguito, aiutato e consigliato i figli nella gestione delle loro sale cinematografiche.

Sofia Coletti