Bartali, "il bene si fa ma non si dice": in silenzio salvò tanti ebrei dall'Olocausto

A venti anni dalla morte il ricordo di uno dei più grandi campioni della storia del ciclismo mondiale

Gino Bartali

Gino Bartali

Firenze, 5 maggio 2020 - "Il bene si fa e non si dice": questa massima di Gino Bartali non è una frase retorica, ma esperienza di vita vissuta. Infatti, il grande ciclista fiorentino (di Ponte a Ema) che ha collezionato tre Giri d'Italia, due Tour de France e innumerevoli vittorie nelle classiche, il "bene" l'ha fatto davvero, in silenzio e per tutta la sua vita. Solo dopo la sua morte, per esempio, è venuto fuori il suo lavoro per salvare tanti ebrei dall'Olocausto durante la Seconda guerra mondiale.  Oggi, a venti anni esatti dalla sua morte (avvenuta il 5 maggio 2000), è bello ricordare non solo le sue grandi imprese sportive.

Bartali aderì negli anni ’43/’44 a una rete clandestina per salvare centinaia di perseguitati, soprattutto ebrei, dalla barbarie nazifascista. Con la sua bicicletta, infatti, durante i suoi allenamenti nel centro Italia, soprattutto tra Firenze e Assisi, Bartali (d'accordo con la Curia di Firenze, guidata dall'arcivescovo Elia Dalla Costa) trasportava i documenti falsi destinati a far scappare i perseguitati.

Per questo nel 2013  lo Yad Vashem, il museo della Shoah di Gerusalemme, lo nominò "Giusto tra le Nazioni" e successivamente  gli concesse l'onore (seppur postumo) della cittadinanza onoraria di Israele.

Come diceva Hannah Arendt di ftronte al male "si può sempre dire un sì o un no" e Gino Bartali la sua risposta l'ha data chiara e forte, mettendo in gioco la propria vita. Il suo grande amico, Narciso Parigi (scomparso il 25 gennaio 2020) nel giorno della sua morte disse: “Se non è in paradiso Bartali, allora vuol dire che il paradiso non esiste”. Ora, Narciso e "Ginettaccio" sono di nuovo insieme in un paradiso dove, c'è da giurarci, il brontolone dal cuore d'oro Bartali ogni tanto borbotta "L'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare" .