Il muro del Covid, poi il conflitto in Ucraina Ma l’Italia ha solidità e resilienza vincenti

Come affrontare temi nuovi che nascono dai mutati rapporti economici dopo i due avvenimenti che hanno cambiato il mondo

Il Covid-19 prima, il conflitto poi. Eppure, anche se il quadro generale resta complesso, l’Italia guarda al futuro con ottimismo e la Toscana non fa eccezione. Il nostro Paese, che ha affrontato prima di altri la pandemia e il lockdown, ha dimostrato grandi capacità di resilienza e la solidità necessaria per affrontare la crisi. Tuttavia, ci sono vecchi punti di debolezza che si sono ancor più evidenziati durante la pandemia, come i tassi di crescita economica e i livelli di produttività inferiori a quelli delle altre grandi nazioni europee o il rapporto tra debito pubblico e Pil tra i più alti dell’area Ocse.

Quest’ultimo è aumentato nel 2020 passando dal 134,3% del 2019 al 155,6%. Il Pil nell’anno della pandemia ha perso l’8,9% e l’occupazione è calata fino a raggiungere i livelli del 2017: oltre 450mila posti di lavoro in meno, il -2%. Eppure, il sistema economico italiano guarda al futuro con ottimismo, come ha evidenziato la 25esima Global and Italian Ceo survey condotta da PwC: il 75% degli amministratori italiani si aspetta una crescita del Pil nazionale nei prossimi 12 mesi e di questi il 40% prospetta un aumento "notevole". Il sentimento di fiducia è legato all’elevato tasso vaccinale che supera la media europea: il 90% della popolazione con più di 12 anni ha ricevuto una dose e oltre l’80% ha anche quella addizionale o il booster. Un altro importante fattore è il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che, con il suo pacchetto di riforme e investimenti, si pone l’obiettivo della duplice transizione: verde e digitale. Il Piano si basa sullo stanziamento di 191,5 miliardi dalla Commissione Europea, fra sovvenzioni e prestiti. A questi si aggiungono altri 30,6 miliardi messi a disposizione dal Fondo complementare e finanziati con risorse nazionali. I complessivi 222,1 miliardi di euro saranno impiegati per finanziare gli investimenti programmati dal Piano che agiranno sui "punti deboli" del nostro sistema e, secondo le stime, porteranno a un ritorno ai livelli pre-crisi alla fine del 2022 in termini di occupati e ore lavorate.

Il tasso di disoccupazione, secondo le stime di gennaio 2022 di Banca d’Italia, scenderà dal 9,4% (media del 2021) all’8,7% nel 2024 e il Pil aumenterà ulteriormente nel triennio: del +3,8% nel 2022, +2,5% nel 2023 e +1,7% nel 2024. Le previsioni in merito al rapporto tra debito pubblico e Pil, che è già calato al 153,5% nel 2021 (-2,1% rispetto al 2020), prospettano un’ulteriore diminuzione entro il 2024, quando scenderà al 146,1%. Ma non tutto è rassicurante. Oltre che dal conflitto, la ripartenza è minacciata dal crescente fenomeno della "Shortage Economy" causato da una domanda di gran lunga superiore all’offerta. Contemporaneamente, la limitata capacità produttiva, la mancanza di capitale umano, di scorte, componenti e materie prime (in particolare gas naturali, metalli e minerali) hanno fatto salire alle stelle i prezzi di molte commodity.

Da gennaio a dicembre 2021, i prezzi dell’energia elettrica all’ingrosso in Italia sono aumentati del +400%, passando da 61 euro al megawattora a 288 euro. Questo aumento è dovuto essenzialmente a due fattori: la crescita nei prezzi di energia elettrica e gas (il prezzo sul mercato è cresciuto del +500%) e l’incremento dei prezzi dei permessi di emissione di CO2 nel sistema europeo Ets (da 33 a 79 euro a tonnellata). Questo incremento nei prezzi, innescato dalla pandemia, è anche riconducibile a dinamiche globali di lungo periodo come la transizione ecologica (Net Zero Emission 2050) e digitale.

Infatti, si è registrato un aumento nella domanda delle materie prime utilizzate nelle tecnologie indispensabili per compiere questa transizione come la robotica, le batterie e i microprocessori. Alla luce di tutte queste difficoltà, come progettare il futuro? Un tema cruciale è quello della sburocratizzazione, che, durante gli incontri del Top 500 2020-2021, è stato individuato come necessario per la ripartenza da imprenditori e associazioni di categoria. Ancora oggi, in Italia, l’ostacolo principale agli investimenti e all’innovazione è rappresentato dai costi diretti e indotti che la complessità del funzionamento della pubblica amministrazione genera, scoraggiando gli investimenti. Un’impresa su tre, il 33,1% del totale, vede negli oneri amministrativi e burocratici un ostacolo allo sviluppo della propria capacità competitiva. Si tratta di una quota superiore a quella che dichiara come ostacolo la carenza di risorse finanziarie (che è il 29,6%). Per ridurre il rischio di rallentamenti serve dunque una strategia di semplificazione, che individui specifiche azioni per snellire i procedimenti di comunicazione tra cittadini, imprese e pubblica amministrazione. Una sfida che può essere colta anche sfruttando gli investimenti del PNRR.

Testo a cura

dei Partner PwC

Italia-Firenze