Cultura e prevenzione contro gli abusi

Le iniziative della Regione Toscana. Intervista alla vicepresidente della giunta Monica Barni

Monica Barni vicepresidente Regione Toscana

Monica Barni vicepresidente Regione Toscana

Centri di ascolto, iniziative culturali, percorsi sanitari per accogliere le vittime. Tante le iniziative messe in campo negli ultimi anni dalla Regione Toscana per contrastare la violenza di genere. A fare il punto, la vicepresidente a assessore alle Politiche culturali e alla ricerca, Monica Barni.

Quali sono le iniziative della Regione Toscana per contrastare il fenomeno della violenza sulle donne? «La Regione Toscana è impegnata da anni in un’azione di sistema nel contrasto alla violenza sulle donne e le iniziative, sia attivando risorse proprie, sia statali, sono molteplici, a partire dalla prevenzione attraverso le campagne di sensibilizzazione rivolte all’intera comunità, ad esempio la campagna per la conoscenza del numero gratuito di pubblica utilità antiviolenza e stalking 1522, la lotta agli stereotipi di genere, fino al sostegno della rete dei centri antiviolenza e delle case rifugio, contribuendone alle spese di funzionamento. Centri e Case sono nodi essenziali delle reti locali antiviolenza, composti da numerosi e variegati attori: gli ospedali, i consultori, gli enti locali – in particolare i servizi sociali degli Ambiti territoriali, le forze dell’ordine, la Magistratura, le Prefetture, altri soggetti del terzo settore. A livello regionale, attraverso un’apposita cabina di regia, ne coordiniamo gli sforzi, mediante la definizione dei modelli di governance locale e la promozione di sinergie, anche attraverso la formazione congiunta degli operatori, in modo che possano acquisire linguaggi e procedure comuni. Negli anni abbiamo sostenuto progetti territoriali presentati di concerto tra i Comuni/le Società della Salute ed i Centri antiviolenza, finalizzati all’apertura di nuovi servizi (sportelli di ascolto, nuove case rifugio o ricoveri di pronta emergenza/ semiautonomia, programmi sperimentali di recupero dei maltrattanti) in modo da avere una diffusione il più possibile capillare dei servizi. Sono stati inoltre finanziati percorsi di sostegno all’autonomia abitativa ed al reinserimento lavorativo di donne inserite in percorsi di fuoriuscita dalla violenza, in modo da favorirne le traiettorie».

Da tempo avete lanciato un percorso mirato sia nei Pronto soccorsi che nel tessuto diffuso della società civile. Quali sono i risultati? «Proprio quest’anno ricorrono i dieci anni del “Codice Rosa”, ovvero il percorso di accesso al Pronto Soccorso riservato a tutte le vittime di violenza; un progetto nato in Toscana ed assurto poi a realtà regionale prima e nazionale poi. La rete regionale Codice Rosa è costituita da tutti i nodi che concorrono alla erogazione di risposte sanitarie, in emergenza e nell'immediata presa in carico successiva, per le diverse tipologie di vittime di violenza, mediante percorsi specifici dedicati ai diversi target. Sono sempre più numerose le donne che entrano in contatto con il Codice Rosa, dove operatori ed operatrici appositamente formati/e le accolgono in un luogo protetto, se ne prendono cura e le orientano poi per il percorso successivo che si snoda attraverso le altre maglie della rete locale antiviolenza. Cresce più in generale il ricorso ai servizi antiviolenza territoriali, in particolare ai Centri antiviolenza: dal 1° luglio 2009 al 30 giugno 2018, si sono rivolte ai Centri antiviolenza 22.437 donne, 3.381 nell’ultimo anno della rilevazione: in media 6 al giorno. Questo aumento è frutto non tanto – almeno a nostro parere – di una recrudescenza del fenomeno quanto piuttosto della sua progressiva emersione. Un’emersione certamente favorita dall’accresciuta consapevolezza generale e dalla conoscenza dell’esistenza di una rete di servizi di supporto. A questo la Regione sta contribuendo fattivamente da anni attraverso la campagna di sensibilizzazione che promuove il numero unico nazionale 1522, cui chiunque può rivolgersi per chiedere aiuto e per essere indirizzata verso il servizio più vicino. Dal 2016 ad oggi abbiamo portato la campagna sui mezzi di trasporto, nelle farmacie, nelle biblioteche, presso gli URP dei Comuni, nelle Associazioni dei Consumatori, negli ospedali, nei supermercati, e quest’anno anche nelle manifestazioni sportive e nei mercati ambulanti».

Quando è importante attivare iniziative “culturali” per gestire e prevenire il fenomeno a monte? «È fondamentale soprattutto perché la maggior parte delle violenze, siano esse psicologiche, economiche o fisiche, sono perpetrate all’interno del nucleo familiare o comunque all’interno della cerchia degli affetti e delle conoscenze. Quante donne vengono uccise o comunque subiscono violenza perché vogliono interrompere una relazione? Negli anni, abbiamo cercato di investire nel cambiamento culturale, ed in particolare nell’empowerment femminile (anche attraverso la promozione di strumenti di conciliazione vita-lavoro), nella lotta agli stereotipi di genere, nella comunicazione, con l’obiettivo di contribuire a creare una società più rispettosa delle differenze di genere. Abbiamo ad esempio finanziato un progetto pluriennale di ricerca in materia di analisi e contrasto agli stereotipi di genere realizzato attraverso la premiazione delle migliori tesi ed articoli scientifici, progetto che è stato portato avanti con la collaborazione delle Università toscane. Gli studi di genere sono infatti una nuova frontiera del sapere, basti pensare alla medicina di genere ed alla presa di coscienza che le differenze fisiologiche tra uomo e donna hanno un impatto elevatissimo sulla pratica medica e farmacologica. Un altro progetto interessante che abbiamo portato avanti negli scorsi anni ha riguardato la sensibilizzazione dei mass media regionali finalizzato alla corretta narrazione dei fatti di violenza, perché è inaccettabile sentir parlare di omicidi commessi “per troppo amore”. Sono altresì intollerabili la subdola giustificazione dell’omicida (che del resto nel racconto di amici e conoscenti è quasi sempre una brava persona “che salutava sempre”) e la malcelata misoginia di alcuni pezzi di cronaca, troppo spesso peraltro influenzati anche dall’etnia del maltrattante/ omicida. La sensibilizzazione dei giornalisti, realizzata con la collaborazione dell’Ordine e di Assostampa, è stata altresì finalizzata alla promozione di un linguaggio non sessista, analogamente a quanto stiamo facendo con riferimento all’Ente Regione in relazione agli atti amministrativi. Perché se è vero che la lingua è frutto di una cultura, è altresì vero che quando una cultura tarda a cambiare dobbiamo cercare di spingerla in tutti i modi possibili».

E quali iniziative culturali sono più efficaci? A chi devono essere rivolte? «Certamente le attività educative svolte nelle scuole, rivolte ai giovanissimi ed alle giovanissime, poiché si tratta di un investimento per il futuro. Già con la legge regionale 16/2009 sulla Cittadinanza di genere attraverso le Province sono state realizzate estese azioni nelle scuole per la formazione e la sensibilizzazione delle giovani generazioni volte alla destrutturazione degli stereotipi di genere nel periodo 2009-2013 sono stati stanziati circa un milione di euro coinvolti più di 20mila fra studenti e insegnanti. Durante il mio mandato sono stati erogati complessivamente 650mila euro per il contrasto agli stereotipi di genere e la promozione di una più equa distribuzione familiare dei carichi di lavoro; i relativi progetti sono stati portati avanti sia per il tramite delle Province sia attraverso un Accordo con l’Ufficio Scolastico Regionale per la formazione dei/ delle docenti. La lotta agli stereotipi di genere - unitamente ad una accresciuta offerta di servizi per l’infanzia e per gli anziani - è fondamentale per la crescita culturale, sociale ed economica del nostro Paese. Le ragazze del resto ottengono mediamente risultati scolastici ed accademici più brillanti, ma poi si innestano fenomeni di segregazione orizzontale e verticale tali da rendere il loro contributo poco determinante: infatti le donne sono tuttora occupate principalmente in settori a bassa redditività (servizi, terziario) e di rado raggiungono livelli apicali».

Qual è, secondo i vostri dati, l’entità del fenomeno in Toscana? «Il 25 novembre ricorre la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che celebreremo con un convegno presso la sala Pegaso di palazzo Strozzi-Sacrati a Firenze. Durante quell’occasione saranno presentati i più recenti dati in materia, raccolti nel Rapporto Annuale sulla Violenza di genere in Toscana. Posso darvi qui alcuni brevi highlights rispetto ai dati del passato, per non “bruciare” la presentazione del nuovo rapporto. Dal 2006 al 2017 in Toscana le vittime di femminicidio sono state 108. Ad uccidere, come già detto, sono soprattutto partner ed ex partner. La violenza, oltre che strutturale, è altresì un fenomeno trasversale, che non conosce differenze di età, livello di istruzione, etnia. Le donne straniere rappresentano più di un quarto delle vittime di femminicidio: sono uccise soprattutto dal partner, in numerosi casi italiano. Come già accennato, negli ultimi dieci anni, in media, ogni giorno 6 donne si rivolgono per la prima volta ad un centro antiviolenza. La violenza psicologica si conferma la forma più diffusa, sia tra le italiane che tra le straniere, seguita da quella fisica. Tra le donne che hanno chiesto aiuto ai Centri: il 71% sono italiane e il 29% straniere. La maggior parte delle donne che chiedono aiuto ad un CAV hanno uno o più figli/figlie minorenni, spesso a loro volta vittime di violenza assistita se non addirittura di abusi: nell’annualità 2017/18 a fronte di 3.381 donne che si sono rivolte per la prima volta ad un CAV si sono registrati 2.348 figli/figlie minorenni (pari al 72% del totale). La rilevazione per il 2017/2018 ha permesso di raccogliere informazioni anche sulla violenza diretta ai danni dei figli e delle figlie. Il padre risulta l’autore della violenza nel 83,5% dei casi rilevati e la forma più diffusa di violenza segnalata è quella psicologica. Nel 2017-2018, a livello regionale, i punti di accesso ai Centri sono aumentati, passando dagli 84 della precedente rilevazione a 101 nel periodo compreso tra luglio 2017 e giugno 2018, garantendo un punto di accesso ogni 16.746 donne con almeno 16 anni residenti in Toscana (nella rilevazione precedente era uno ogni 20.176). Il numero delle Case rifugio presenti in Toscana, 20, è invece rimasto immutato; i posti letto a disposizione (152 nel 2017) sono uno ogni 25mila abitanti circa. Nel 2017 sono state ospitate nelle strutture 147 donne e 114 figli/e. Vi invito comunque ad andare a leggere l’intero Rapporto Annuale, redatto dall’Osservatorio Sociale Regionale, dove si possono trovare dati ed informazioni relativi agli accessi ai percorsi del Codice Rosa nelle varie strutture ospedaliere, alle prestazioni consultoriali relative a casi di abuso e maltrattamento o violenza, ai servizi di recupero sugli uomini maltrattanti».

Quali sono le prossime iniziative a proposito? «Continuare nel percorso intrapreso, aumentando ancora i nostri sforzi, migliorando le risposte laddove necessario e consolidando i risultati ottenuti. Il cambiamento culturale richiede tempi molto lunghi, e non dobbiamo scoraggiarci ma perseverare. Dai territori emerge la necessità di sostenere in modo sempre più forte le donne nei loro percorsi di fuoriuscita dalla violenza e recupero dell’autonomia, ed è secondo queste direttrici che vogliamo lavorare in futuro, sostenendo le strutture ed i progetti di semiautonomia e favorendo l’inserimento lavorativo delle donne. Sotto l’aspetto della prevenzione, occorre perseverare nella messa in pratica di misure volte a favorire l’occupazione femminile, il potenziamento dei servizi per l’infanzia e per gli anziani e soprattutto insistere ed anzi sistematizzare (come peraltro previsto nella legge della c.d. Buona Scuola) l’educazione al rispetto delle differenze, senza cadere nelle trappole di coloro che agitano spauracchi quali l’inesistente “teoria del gender”».

IL CONVEGNO Il nuovo rapporto sulla violenza di genere Nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, l’Osservatorio sociale regionale presenta l’XI Rapporto sulla violenza di genere in Toscana. La presentazione si terrà nell’ambito della mattinata di lavori promossa per il 25 novembre dalla Regione Toscana nella Sala Pegaso di Palazzo Strozzi Sacrati (piazza Duomo 10, dalle 9.30 alle 13.30). Il convegno, dal titolo “Politiche e azioni del- la Regione Toscana 2015-2020. Un dibattito aperto sui risultati ottenuti e sfide per il futuro” sarà anche l’occasione per fare il punto sui 10 anni del progetto Codice Rosa.

La mattinata si aprirà con i saluti di Stefania Saccardi, assessore al diritto alla salute e al welfare e di Rosanna Pugnalini, presidente della Commissione regionale pari opportunità che passerà poi la parola a Monica Barni, vicepresidente con delega alle pari opportunità. A seguire, Silvia Brunori e Daniela Bagattini presenteranno l’XI Rapporto sulla violenza di genere, mentre Vittoria Do- retti, responsabile della Rete regionale Codice Rosa, racconterà i dieci anni del progetto. Interverrà anche il Prefetto di Firenze Laura Lega con “Lo Stato nella rete antiviolenza”.

Alle 12, ecco la tavola rotonda “Una sfida per il futuro: semi- autonomia abitativa e reinserimento lavorativo, dalla riflessione sulla sperimentazione al rilancio qualitativo”, con rappresentanti dei Centri antiviolenza La Nara e Cif Carrara e delle Società della Salute. Le conclusioni saranno affidate a Eleonora Ducci, referente Anci per la violenza di genere.

LE INIZIATIVE Fiaccolate, panchine rosse e focus sulla mafia Tante le iniziative promosse dai Comuni per il 25 novembre. Il Consiglio comunale di Firenze, organizza un focus su “La violenza sulle donne nella cultura mafiosa. Rossella Casini e le Altre”. Nel Salone dei Duecento, saranno ricordate Rossella Casini e altre donne vittime della 'Ndrangheta. Nei giardini di Piazza Dante a Borgo San Lorenzo, alle 14.30, sarà inaugurata una panchina rossa, simbolo contro la violenza sulle donne, nata dalla collaborazione con la scuola Giovanni della Casa di Borgo, Spi-Cgil e associazione Artemisia. Si concentreranno nella serata le iniziative promosse dal Comune di Lastra a Signa. Alle 20.30 dal Centro Sociale partirà una fiaccolata silenziosa che terminerà davanti al Cinema Teatro delle Arti dove sarà proiettato il film “Zitta!”, dieci cortometraggi che affrontano il tema della violenza in tutte le sue sfaccettature.

1522 L’aiuto corre lungo il filo del telefono Tra gli impegni assunti dalla Regione Toscana per la lotta alla violenza sulle donne c’è la campagna informativa relativa al numero gratuito di pubblica utilità antiviolenza e stalking 1522. Il numero, attivato dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è collegato alla rete dei centri antiviolenza e alle altre strutture per il contrasto alla violenza di genere presenti sul territorio. Attivo tutto l’anno 24 ore su 24, è gratuito sia da rete fissa che mobile, con accoglienza in italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo. Le operatrici forniscono una prima risposta ai bisogni delle vittime con la garanzia dell'anonimato.