
Castelnuovo Berardenga (Siena), 18 luglio 2023 – Il drone si alza in volo e s’inoltra sulle strade bianche del Chianti. Cipressi, pini antichi che segnano i percorsi, querce e distese verdi. Coltivate e pascolo per i cavalli. Il torrente Ambra che scorre. Un angolo di paradiso nel comune di Castelnuovo Berardenga, sotto il castello di Montalto. Proprio qui si vorrebbe dare vita al vecchio progetto, ripreso più volte nel corso degli anni e finora mai concretizzato, di un ‘invaso di laminazione’ delle piene e riserva idrica della lunghezza massima di 2,2 chilometri e largo poco più di 570 metri per la riduzione del rischio idraulico. Tema attuale, viste le conseguenze di esondazioni ed allagamenti, un po’ in tutta Italia. Tuttavia l’opera - proposta già 24 anni fa, poi abbandonata e ora rilanciata anche il 25 maggio scorso in un seminario presso Confindustria Arezzo quasi fosse la panacea a livello locale per il problema siccità e alluvioni - provoca non poche perplessità a proprietari e residenti. Che vedono nella diga di Montalto uno sfregio al paesaggio, oltre che un danno a flora e fauna. Di più: un eccessivo e ingiustificato uso del suolo agricolo visto che potrebbe occupare una superficie di 66 ettari di terreni produttivi, unitamente ad un rapporto fra costi (si parla di alcune decine di milioni di euro) e benefici che non ne giustificherebbe l’attuazione. Nulla di nuovo sotto il sole, vedi Trentino e Veneto che litigano da mezzo secolo per un invaso (ben più grande di quello di Montalto) che presuppone lo sbarramento del torrente Vanoi. Il progetto senese, che pare molto voluto dalla provincia di Arezzo pur interessando il territorio-gioiello di Castelnuovo, sarebbe tornato alla ribalta senza coinvolgere né informare le attività che insistono nella valle di pregio storico-economico-ambientale che scomparirebbe. Qui c’è l’azienda del Castello di Montalto, agricola e agrituristica, che da oltre 22 anni si dedica alla produzione biologica, il Centro ippico della Berardenga i cui cavalli sarebbero privati dei pascoli. E ancora: i proprietari di altri casali, sia di Arceno che dei poderi Santa Vittoria e Burrone, rischiano di vedere compromessa l’attuale viabilità. Un delicato equilibrio ambientale, dunque, verrebbe spezzato. C’era stato un vecchio progetto, presentato dallo studio Chiarini, dell’invaso artificiale sull’Ambra, che documentava il reale impatto devastante delle piene del 1966, del 1992, del ‘93 e del 2002. E declinava un piano di fattibilità del 2010 dell’opera per usi plurimi - dalla riserva ad utilizzi irrigui, dalla produzione idroelettrica fino all’impiego turistico-ricreativo, vedi balneazione e canoa - che in realtà non potrebbero essere fra loro conciliabili. Tra i timori emersi quelli legati alle caratteristiche geologiche dei terreni che potrebbero influire sulla tenuta dell’invaso, anche la perdita del bosco e la creazione di zona stagnanti durante le fasi di magra con il proliferare di zanzare e animali non autoctoni. «Un intervento di questa portata, in un luogo così ambientalmente e storicamente pregiato, dovrebbe essere condotto in modo interdisciplinare e trasparente, con la consulenza di geologi, forestali, biologi, storici e paesaggisti. Purtroppo ancora un dannoso approccio teorico settoriale, solo ingegneristico-idraulico», sostiene chi ha a cuore questa zona del Chianti.