PINO DI BLASIO
Cronaca

Voci di vendite, Mps giù in Borsa. Il Ministero: "Non c’è fretta". Lovaglio: "Extratassa a capitale"

Il titolo perde il 6,6% e scende a 2,39 euro dopo i boatos sulla cessione di un pacchetto di azioni. L’ad di Rocca Salimbeni: "Stima di 120 milioni, l’accantonamento la scelta più logica".

L’amministratore delegato Luigi Lovaglio, è ammirevole nei suoi sforzi di continuare a tenere dritta la barra della nave Mps, in mezzo alle tempeste politiche e speculative che tormentano la navigazione verso lidi più tranquilli. Appena il titolo Mps supera quota 2,7 euro e la capitalizzazione oltrepassa i 3,3 miliardi di euro, si riaccendono le sirene di una parte di ministri e di una bella fetta di investitori. Che usano dichiarazioni, mezze verità e indiscrezioni come pietre che zavorrano il volo del Monte in Borsa.

In due giorni il titolo ha perso prima il 4,3 e ieri il 6,6% del valore: è ridisceso a 2,39 euro dopo qualche anticipazione sui giornali e qualche parola in libertà di ministri sulla prossima vendita di una quota attorno al 10% del capitale in mano al Tesoro. Per alcuni la vendita dell’8% delle azioni avverrà entro ottobre e sarà curata da Equita come advisor. Per altri la scadenza sarà giugno 2024, dopo le elezioni europee e riguarderà una quota più consistente. La verità è solo che Equita è l’advisor scelto per la vendita a pacchetti, ma non c’è nessuna accelerazione, né data già definita.

"Non c’è nessuna fretta da parte del Governo e del Tesoro di privatizzare Mps e qualsiasi operazione sulla quota del 64,2% della banca in mano pubblica verrà fatta nel momento migliore, allo scopo di valorizzare al meglio la partecipazione e garantire il perseguimento dell’interesse pubblico". È quanto trapela dal Ministero dell’Economia, che conferma che la privatizzazione del Monte ci sarà e avverrà nelle modalità decise dal Parlamento.

Ma sia il ministro Giorgetti che Lovaglio non riescono a bucare la cortina fumogena di chi guarda solo al futuro del capitale della banca. Nell’intervista a Class Cnbc, l’ad ha ricordato "i due momenti di svolta per Rocca Salimbeni, l’aumento di capitale e l’uscita di oltre 4mila dipendenti. Oggi Mps è una banca ‘normale’, equiparata a tutte le banche più importanti d’Itali. Generiamo utili, i, abbiamo un’ottima qualità degli asset e un livello di capitale che ci porta ai vertici. Siamo l’unica grande banca commerciale d’Italia, con una presenza forte in tutte le regioni più ricche".

Neanche la tassa sugli extraprofitti rappresenta una minaccia per Lovalio e l’obiettivo di arrivare a fine anno a utili per 1 miliardo di euro. "L’impatto sulla tassa - ha rivelato l’ad Mps - si aggirerà attorno ai 120 milioni di euro. L’alternativa di portarla a riserva non distribuibile è un ottimo modo per capitalizzare la banca. Deciderà il consiglio, ma l’accantonamento è la scelta più logica".

L’annuncio di aumentare gli interessi dei depositi sulla raccolta a tempo, la ripetizione delle voci di bilancio, dal rapporto costiricavi sotto il 50%, al margine di intermediazione, sono coperti da fibrillazioni e speculazioni sul mercato. "Il nostro compito come management è essere concentrati a far emergere ancor di pìù il valore della banca. Il resto è un tema che riguarda l’azionista - ha detto Lovaglio -. Sull’ultimo investimento nell’aumento di capitale il Mef sta guadagnando, come guadagnano tutti gli azionisti".

Ma si torna sempre al punto di partenza. Mediobanca teme gli effetti nefasti di un eccessivo collocamento di azioni sul mercato. Lando Maria Sileoni, leader della Fabi, si iscrive al partito della Banca di Stato e chiede che "il Monte resti solo ancora a lungo per rappresentare il punto di partenza per la realizzazione del terzo polo. Il Governo deve avere la forza per ottenere dall’Ue un rinvio del termine per l’uscita dello Stato dal capitale fissato a fine 2024". L’associazione Confronti sprona Siena a intervenire contro "la sciagurata ipotesi della cessione a pezzi della quota dello Stato".