
Il segretario generale della Fillea Simone Mannucci spiega come mai si è arrivati alle vie legali. Trabalzini: "Un’azione forte per il mancato riconoscimento della Rsa preferendo la Rsu".
di Laura ValdesiSIENA"L’appuntamento con il nostro studio legale è già stato preso ma se sarà possibile risolvere la situazione senza ricorrere al giudice va benissimo. In caso di assenza di risposte invece procederemo". Chiaro e forte il messaggio della Fillea Cgil all’azienda più importante e rappresentativa della zona amiatina, una delle maggiori realtà dell’intera provincia: Stosa Cucine spa. Il segretario generale di categoria Simone Mannucci, unitamente al funzionario Michele Trabalzini, sanno bene cosa rappresenta per l’economia dell’area e per tante famiglie questo polo produttivo d’eccellenza. "Ma siamo costretti a chiedere ai nostri legali – spiegano nella conferenza stampa sul caso – di procedere con un’azione per accertare il comportamento antisindacale dell’azienda di Radicofani. Un’azione forte a cui siamo chiamati a causa della miope e ripetuta posizione della società amiatina rispetto al mancato riconoscimento della Rsa". Vale a dire della rappresentanza sindacale aziendale. "Il nostro obiettivo primario – spiega il segretario generale Fillea Cgil – era e rimane quello di favorire lo sviluppo di corrette e costruttive relazioni sindacali che partano dal riconoscimento reciproco del ruolo delle parti. L’atteggiamento dell’impresa purtroppo al momento lo impedisce. Ci sia consentito di ricordare che il modello di rappresentanza sindacale dei lavoratori non è appannaggio delle aziende e che il mancato rispetto delle prerogative e del ruolo del sindacato è un atto gravissimo al quale siamo costretti a rispondere, nostro malgrado, chiedendo l’accertamento per condotta antisindacale al fine di difendere dignità e diritti dei lavoratori".
Andiamo per ordine. Mannucci e Trabalzini declinano i passaggi che hanno portato alla segnalazione pubblica. Il 31 marzo la nomina della rappresentanza sindacale aziendale comunicata a Stosa. "Dopo 50 giorni di silenzio pensavamo che non ci fossero problemi invece il 21 maggio arriva il disconoscimento", ricostruiscono. Il 23 dello stesso mese si dice no "allo svolgimento di un’assemblea sindacale sul referendum, l’abbiamo richiesta con 12 giorni di preavviso e della durata di un’ora anziché due. Ci sarebbero stati impegni produttivi già assunti. Il 27 maggio scatta la nostra diffida sia per il rifiuto dell’assemblea che per il disconoscimento della Rsa. Finché il 3 giugno, dopo vari contatti, Stosa rivede parzialmente la sua posizione sull’assemblea e chiede di spostarla ad un altro giorno. Per la cronaca, si è svolta venerdì 6, l’ultimo utile per effettuarla". Il segretario generale Fillea sottolinea, peraltro, "che è stata fatta in un magazzino. Tutti in piedi, a parte chi si è seduto in terra, appoggiando i fogli sulle lavatrici mentre i muletti andavano e venivano". E "che è avvenuta in un clima di estremo disagio e timore da parte dei lavoratori. Si tratta della seconda assemblea che si svolge nella storia di Stosa".
Nonostante il messaggio forte, c’è anche una mano tesa nei confronti dell’azienda che da oltre 60 anni, di generazione in generazione, produce cucine italiane di qualità vendute anche all’estero, in più di 40 Paesi. "Superiamo questa situazione", invitano Mannucci e Trabalzini. "Vorremmo anche collaborare per fare un contratto integrativo. Non solo – concludono – la forza dell’impresa e quella dei lavoratori potrebbe produrre qualcosa di positivo anche sul fronte della mobilità, essenziale per Stosa. Come la situaizone strade è particolarmente travagliata in quest’area della provincia".
Stosa, dal canto suo, interpellata da La Nazione, ha annunciato l’intenzione di intervenire con una nota.