
Santa Maria, incarico sul filo di lana Il Comune affida dopo quattro anni l’allestimento della donazione
di Orlando Pacchiani
Con una tempistica quantomeno singolare - a distanza di quattro anni dalla donazione e a pochi giorni dalla conclusione del mandato - l’amministrazione comunale ha affidato l’incarico per progettare l’allestimento permanente al Santa Maria della Scala della collezione di arte contemporanea ricevuta nel 2019. Un’operazione in parte ancora avvolta dal mistero, in quanto la collezione non è mai stata presentata nel dettaglio, non è mai stato svelato il nome dell’autore della donazione ed è attualmente conservata nel caveau di Banca Monte dei Paschi nella sede di San Miniato.
La collocazione individuata "a seguito di contrattazione con il donatore" è nelle sale San Pio, San Giuseppe e San Leopoldo al quarto livello, cioè di fatto a fianco del Pellegrinaio. Ovviamente sono necessari interventi per l’allestimento di "restauro, consolidamento e adeguamento impiantistico". E ieri è stata pubblicato l’atto dirigenziale, risalente ad alcuni giorni fa, con cui si affida all’architetto Andrea Milani l’incarico per "la progettazione di fattibilità tecnico-economica, parte progettazione architettonica e coordinamento, dell’installazione permanente della collezione".
L’anno scorso, rispondendo a un’interrogazione in consiglio comunale dopo le dimissioni del curatore Alberto Zanchetta, il sindaco De Mossi aveva affermato che lo spazio individuato per ospitare la collezione era al sesto piano di palazzo Squarcialupi (ora non più), considerato il luogo ideale dove collocare le 478 opere dal valore stimato di circa 1,7 milioni di euro.
Oltre alla tempistica, c’è un altro elemento che salta agli occhi: l’assenza totale, in questo percorso, della Fondazione Santa Maria della Scala. Non è mai entrata almeno ufficialmente nella gestione della collezione, non compare nemmeno di sfuggita in questo atto dell’amministrazione. Sarà anche vero che la proprietà delle opere è del Comune, ma possibile che la scelta della collocazione sia stata "oggetto di contrattazione" con il donatore mentre la Fondazione non risulta parte attiva in alcun modo? E dove inizia allora la sua autonomia?
Un tema che sarà centrale nelle politiche culturali della prossima amministrazione.
Così come sarà necessario, prima o poi, mettere un punto alla vicenda del direttore scientifico. È trascorso oltre un mese e mezzo da quando la commissione ha indicato come vincitrice Chiara Valdambrini, archeologa con trascorsi di studi e ricerca a Siena, attualmente direttore scientifico del Museo archeologico e d’arte della Maremma. Da allora sul tema si è andati avanti di rinvio in rinvio, senza una presa di posizione ufficiale della Fondazione che non fosse quella del "non è ancora all’ordine del giorno".
E anche questo non aiuta a testimoniare l’autonomia dell’istituzione: il primo bando per direttore fu lasciato cadere nel nulla prima della fine, questo è messo in congelatore. Per quanto ancora sarà possibile farlo?