"Mio figlio è morto in ospedale. Voglio sapere perché"

Il padre ha fatto ricorso al tribunale di Siena per un accertamento tecnico preventivo. L’uomo deceduto all’ospedale aveva 51 anni

Il corridoio di un ospedale (foto di repertorio Ansa)

Il corridoio di un ospedale (foto di repertorio Ansa)

Siena, 4 agosto 2020 - Era il suo unico figlio. Vivevano nella stessa casa, a Sinalunga. Aveva 51 anni quando è morto dopo essere stato portato all’ospedale di Nottola, al pronto soccorso, per uno scompenso metabolico. "Il padre mi ha sempre ripetuto di desiderare completa chiarezza sulle cause della morte del figlio. ‘Lo devo fare per lui’, ha sempre ripetuto, per ristabilire la verità dei fatti poiché è convinto che poteva essere salvato", spiega l’avvocato Andrea Mugnai. Che su questo dramma, avvenuto il 13 dicembre 2018, ha presentato al tribunale, per conto del padre e della sua convivente da lunghi anni, un ricorso per accertamento tecnico preventivo davanti al giudice civile di Siena. "Volto ad individuare, appunto, la causa della morte e quindi anche eventuali responsabilità ai fini del risarcimento del danno. L’udienza è già stata fissata, sarà il 24 settembre", aggiunge Mugnai. L’Asl Toscana Sud Est, contattata da La Nazione, per il momento non è intervenuta sulla delicata vicenda.

Durissimo da accettare per un genitore di sopravvivere alla morte del figlio. Un dolore che toglie il fiato. Così è stato per il 78enne che adesso si è rivolto al giudice affinché faccia quella chiarezza che, a poco più di un anno e mezzo di distanza, il padre non è riuscito a trovare. Era un bravo ragazzo, il figlio. Faceva volontariato alla Misericordia, uno che si spendeva per gli altri quando era libero dal lavoro di autista. Un uomo semplice. Ben inserito nella comunità dove viveva. Quella mattina del 13 dicembre avevano chiamato il medico di famiglia alle 8 che consigliava, dopo la visita, di portare il 51enne in ospedale. Per essere ancora più rapido, visto che Nottola si raggiunge velocemente da Sinalunga, si era caricato il figlio sulle spalle scendendo le scale del condominio e lo aveva portato in macchina al pronto soccorso dell’ospedale. Al massimo avrà impiegato una ventina di minuti. Qui era entrato in codice giallo, la ricostruzione compiuta sui documenti dal legale della famiglia. Ma non stava bene. Soffriva di diabete, il padre lo aveva comunicato subito agli operatori sanitari, unitamente alle medicine che assumeva.

Poi era iniziata l’attesa. Quelle terribili cinque ore trascorse dall’ingresso al pronto soccorso e la morte. Un tempo di osservazione nel corso del quale, secondo quanto sostenuto dai familiari e ora riportato nel ricorso, sarebbero state forse commesse delle inadempienze. A supportare tale tesi, poi, la consulenza chiesta dal padre al medico legale Alessio Coletti e al professor Antonio Galzerano che è anche specialista in anestesia e rianimazione (entrambi di Perugia) volta a valutare la correttezza delle prestazioni fornite dai sanitari.

Al tribunale viene ora chiesto di nominare un consulente tecnico d’ufficio che esamini il caso. Si vuole sapere, tra l’altro, se l’approccio diagnostico è stato corretto. Se alla luce degli esami non fosse stato opportuno portarlo in terapia intensiva ed intubarlo. Erano state chieste due consulenze psichiatriche, sottolinea più volte la famiglia, quando era in ospedale: perché? Non è stata presentata una denuncia penale. Come più volte ha ripetuto il padre dell’uomo deceduto al suo legale, non se la sentiva, sotto il profilo emotivo, di rivivere ancora una volta quel calvario che ha lasciato una ferita difficile da rimarginare. © RIPRODUZIONE RISERVATA