
Quale significato può avere oggi la ricorrenza della battaglia di Montaperti? Solo l’eco di una lontana vittoria oppure il simbolo di un (possibile) riscatto? Forse entrambe le cose o forse soltanto silenzio, quello che si respira attorno alla magica collina con quella inconfondibile piramide circondata da guardinghi cipressi. Intanto è bene andare oltre uno sterile municipalismo che adopera il sogno di una Toscana tutta nostra, rievocando l’eterno desiderio di una egemonia che proprio in questi ultimi anni, con la crisi bancaria e altri catastrofici esempi, ha subito pesanti se non mortali colpi. Ecco perché, più che mai, è vivo nei senesi il segno di una battaglia, poi per niente decisiva, avvenuta in quel duecentesco 4 settembre.
C’è insomma, anche nelle giovani generazioni, una sorta di simbolica sottomissione ai gloriosi combattenti di una causa che ancora permane, come i prussiani che invitavano dopo il funerale l’anima del morto ad un simbolico banchetto. Rievocando questa data, i senesi alimentano nel loro status una zona franca dove la memoria si mischia al rispetto, passandoselo fra generazioni. Il lato positivo è che per i senesi è quasi scontata la conoscenza, seppur superficiale, del proprio passato, come volessero unire due elementi fondamentali della nostra esistenza, ovvero il mortale e l’immortale.
Quella che definirei una "sofferente nostalgia", può tuttavia essere la molla, per un possibile colpo di reni, per azioni concrete che vanno oltre la bella quanto inutile fierezza senese. Se poi volete comprendere perché questa battaglia è oggi un mito, almeno da una parte degli eserciti schierati, bastano i recenti studi di Duccio Balestracci per scoprire quanto questo scontro sia ben poco regionale e molto europeo. Nel suo splendido "La battaglia di Montaperti" (Edizioni Laterza) si comprende che questa battaglia, più che garantire gloria, anche effimera, alle trionfanti truppe senesi che ritornarono felici dentro le mura, saprà condizionare la politica e quindi le scelte dei papi per il trono di Sicilia, oppure per le terre germaniche, per la Francia.
"Non ci si stupisca se – afferma Balestracci – la vicenda di Montaperti risulterà incastonata in questa esposizione, in altre di diverso respiro, in esse non soffocherà, ma, al contrario, da esse prenderà senso". Una ricostruzione che la rende forse meno nostra, ma più in linea con un senso di speranza che ogni lontano evento può accendere al nostro animo di inguaribili ottimisti.
Massimo Biliorsi