REDAZIONE SIENA

Margherita, la regina della scherma

Una foto una storia Il mondo scoprì la Zalaffi quando sventolò il fazzoletto della Pantera sul podio di Roma

Guardare il mondo dall’alto dei propri risultati raggiunti e scoprire che dentro c’è di tutto: momenti esaltanti, sacrifici, certezze e incertezze. Chissà cosa si prova veramente sopra ad un podio inseguito da tempo e poi raggiunto. Chissà cosa soprattutto ricorda Margherita Zalaffi del suo prestigioso cammino di protagonista della scherma. Per noi è ancora la sedicenne che a Roma nel 1982 vince l’oro nel fioretto a squadre, inizio di un lungo percorso che l’ha portata per due decenni con le valigie del successo a spasso per il mondo. Ma, anche sotto i riflettori della vittoria, ci viene da chiedere cosa sia mai cos’è la nostalgia. E’ quel sottile senso di abbandono, che si aggancia bene alla felicità, pur essendo sentimenti contrapposti.

E allora eccola salire sul medagliere con il fazzoletto della sua Pantera. Il che ci racconta: gira il mondo, vinci tutto, conquista l’attenzione di uno sport spietato che guarda al millimetro in ogni stoccata, in ogni passo, ma poi è qui che devi tornare, qui devi fare i conti con la vita, con gli affetti, con quei sentimenti che ti entrano in tasca assieme a quel passaporto sempre più pieno di timbri da ogni parte della terra. Fino a quel bronzo a Nimes del 2001 è una girandola di riflettori accesi: l’oro di Vienna del 1983, quello di Lione del 1990 e l’anno dopo Budapest, l’argento ad Atlanta del 1996, tanto per ricordare qualche impresa, qualche istantanea fermata dopo quelle gare davanti a tutto il mondo. Come un drone dai buoni sentimenti, l’attenzione si spostava da qualche lontana capitale della scherma, e volava verso la penisola, attraversava le colline del Chianti, raggiungeva quella città chiusa e misteriosa, spesso avara di complimenti, pronta alla critica più feroce, colma di fazioni, ma dalla quale non si riesce a fare a meno. E da qui a Stalloreggi, salendo fino al verde che si spalanca sotto via Mascagni, da dove occhieggia il Monte Maggio, l’Amiata e gli altri giganti di terra che circondano Siena. Tu guardavi dall’alto e ammiravi compiaciuta il tuo capolavoro.

Una regina del fioretto e della spada, unica ad aver vinto medaglie olimpiche con due armi diverse. Questa sua originale commistione, fra pubblico e privato, fra il mondo e un angolo della città, ci insegna che non si guarisce mai da ciò che ci manca, magari ci si adatta e talvolta molto bene, ci si racconta altre verità, si conquista la gloria. Un bellissimo modo per farci ricordare, in un singolare modo di convivere con se stessi, della nostalgia della vita.

Massimo Biliorsi