
Inizia con l’ammissione di responsabilità "per aver usato, per i servizi resi dalla ‘Essedue Promotion’, fatture sovrastimate. Le operazioni c’erano ma le fatture erano maggiorate per poter gestire denari extra contabilmente. Ho commesso un errore, anche se l’unico scopo era di fare il meglio per la Mens Sana Basket in un sistema dove tutto ciò era all’ordine del giorno". Ferdinando Minucci termina due ore dopo la deposizione nel processo che lo vede imputato per il crac della Società biancoverde fallita nel 2014. Sono quasi le 18 e ‘l’argomento (Egidio, ndr) Bianchi’, così lo definisce l’avvocato Valeria Meloni, è troppo lungo e delicato per proseguire in tempi utili l’udienza. Minucci riprenderà da qui il 10 dicembre prossimo, davanti al collegio Mosti, quando parlerà probabilmente per altre due ore.
L’ex general manager della Mens Sana ha ribadito con fermezza di "non aver utilizzato neppure un centesimo per l’arricchimento personale". Si toglie subito un sassolino: "Tantomeno ‘due milioni cifra conteggiata per difetto’ come dissero procura e finanza nella conferenza stampa di maggio, quando fui arrestato. La cosa è poi venuta meno". Ricostruisce, sollecitato a turno dagli avvocati Fabio Pisillo e Valeria Meloni, altre questioni partendo da come nacque il ricorso alle sovrafatturazioni. "Un’idea che è stata di Stefano Sammarini anche se lui ha sostenuto il contrario. Lo conobbi nel 2004-2005. Aveva una struttura affidabile, era l’agente di Carlton Myers. Disse che il giocatore voleva una parte del compenso in contanti. Così Sammarini propose di svolgere attività in favore della Mens Sana fornendo una serie di servizi, sovrafatturando un po’ queste attività in modo da pagare una parte dei compensi di Myers. Accettai", prosegue. Dopo aver ribadito: "Sapevamo che sovrastimare le fatture per disporre di somme da distribuire a giocatori e personale senza tasse era proibito. Sono responsabile però mi preme sottolineare che Sammarini è arrivato persino ad accusare ingiustamente altri componenti della mia famiglia. Figlia e genero sono stati assolti e la sentenza è agli atti".
Minucci nega poi di aver conosciuto Alberto Galluzzi della Columbus Value. E quando i difensori chiedono se ha gestito il denaro derivante dalla sovrafatturazione spiega "che della parte extracontabile che tornava indietro si è sempre occupata Olga Finetti, dall’arrivo ai conteggi, alla distribuzione dei denari secondo un prospetto che veniva redatto a inizio anno".
La deposizione prosegue a flash, mentre i pm Siro De Flamminesi e Niccolò Ludovici ascoltano attenti dopo aver annunciano che non avrebbero fatto l’esame diretto, come pure la parte civile. L’uomo che ha portato in alto la società biancoverde punta poi a chiarire il senso dell’annotazione che era stata trovata su un biglietto sequestrato ad un altro nome coinvolto nell’inchiesta, dove accanto ad F.M. c’era scritto 5%. Racconta l’antefatto. Torna a quando fu fatta la famosa affermazione che in ‘Italia si respira aria rancida’, riferendosi a presunti favori arbitrali di cui godevano i biancoverdi. Scattarono violenti attacchi della stampa. Chiese consiglio a David Rossi, allora capo della comunicazione di Banca Mps. "Era impegnato nelle vicende dell’istituto, disse che il mezzo più adatto era internet", aggiunge Minucci. Quel 5% su un solo contratto, del 30 giugno 2012 con la Essedue, spiegò a Sammarini, serviva a lui per un’operazione delicata. Il contrattacco mediatico. "Si trattava di 20-25 mila euro per un sito, pagare il direttore, qualche cena e pubbliche relazioni", conclude. Ricostruisce poi come si arrivò a quel 3 dicembre 2012: nonostante fosse stato superato il primo turno di Eurolega dal Monte telefonarono per dire che i premi non venivano pagati. "‘Ci volete far chiudere’, risposi. Contavamo sull’appoggio di Fabrizio Viola, subentrato dopo Vigni. Aveva piacere che i risultati sportivi continuassero ad essere di vertice", spiega al collegio aggiungendo che il 17 dicembre scattarono le perquisizioni dell’operazione ‘Time out’. Chiude con l’incontro del 2013 quando con il nuovo presidente della società Cesare Lazzeroni si reca alla Rocca: "I premi sarebbero stati erogati, dissero, solo se avessimo rinunciato agli scoperti di conto".
Laura Valdesi