REDAZIONE SIENA

L’artista che non si ferma mai. Grazi, lo sguardo verso il mondo

Una foto una storia Nello scatto di Mattioli, la presentazione del suo drappellone nel luglio 2007

Alessandro Grazi alla presentazione del suo Palio, foto di Augusto Mattioli

Alessandro Grazi alla presentazione del suo Palio, foto di Augusto Mattioli

In questi giorni si parla di lui al Museo Picasso di Barcellona, con il volume ’La Resistenza’ dove è pubblicata una sua opera, ma stare al passo con Alessandro Grazi e il suo laborioso modo di essere artista e creativo non è facile. Ci vuole quasi un aggiornamento giornaliero. Qualche giorno fa c’era Grosseto, per la mostra ’Oltre la tela’, prima Montepulciano, Senigallia e via dicendo, con il cuore di organizzatore al Siena Experience Italian Hub, spazio di via di Città 25. Quindi “anche pittore“, creatore, mente libera e imprevedibile, pronto a sterzare corpo e idee verso sempre nuovi innamoramenti. Mattioli lo coglie in un (raro) momento di fermezza.

Alessandro Grazi ha scuole classiche di disegno arricchite da svariate esperienze personali. C’è di mezzo l’architettura e c’è di mezzo la musica. Mondi solo apparentemente lontani. La parola chiave è armonicizzare il tutto con un tratto personale, sempre abilmente riconoscibile. È uno degli artisti che conosciamo che si guarda davvero intorno. Guarda al mondo ma non abbandona Siena. C’è molto di questa civiltà nella sua opera. Senza la retorica di altri. E’ una questione di stile e di capacità di essere cittadini del mondo.

Un mondo che talvolta non va d’accordo con lui, ma questo è il prezzo che deve pagare un’artista che si ritiene tale, di conseguenza ben poco malleabile. Un solitario, come da prassi: la sua mi è sempre apparsa come una pittura, il segno di quella solitudine scevra da ogni sorta di condizionamento, dove si ritrova e mostra chi è, senza parlare. Adesso ci vediamo raramente ma ogni volta è come se riattaccassimo il filo di una lunga e mai interrotta conversazione. Gli anni della Radio, dove eravamo entrambi, si fanno ancora sentire. E poi aver partecipato, giorno dopo giorno, alla genesi e crescita del suo Palio del 2007, che ebbi l’onore di presentare. Una bella esperienza che mi concesse. Aveva richiami di tanti “buoni altolocati“ che l’avrebbero fatto ma lui tirò diritto ripensando ad una vecchia promessa di ragazzi: "Io dipingerò il Palio e tu me lo presenterai!".

E così è andata, con il suo cuore che batteva a mille. Oggi va diritto per la sua strada. Se ci fosse la buona abitudine, ai pittori migliori, di ripetere l’esperienza del drappellone, di sicuro lo farebbe in modo completamente diverso. Come tutti quelli per cui conta più il domani di ieri. La sua solitudine si fa racconto: come artista si fa carico di interpretare sogni e bisogni rendendoli attrattivi. È il suo mestiere da sempre.

Massimo Biliorsi