L’ultima colazione al bar, sperando nel Natale

Le reazioni dei titolari di locali e pasticcerie alla vigilia della nuova chiusura. "La paura di tutti è diventata realtà, sarà una fase dura"

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di Simona Sassetti

Servono le ultime colazioni prima di chiudere di nuovo. C’è rassegnazione ma se lo aspettavano, era inevitabile. In questi giorni si sono detti: "tanto fra poco ci richiudono" e così è stato. Per questo, anche solo per esserci nell’ultimo giorno di questo periodo così incerto, tanti clienti, soprattutto quelli più fedeli, sono andati a prendere la classica brioche e cappuccino con una motivazione in più, non dettata solo dalla consuetudine o dai ritmi giornalieri. Non è stata la solita colazione, è stato come un dire: "ci siamo e ci saremo".

Un gesto lodevole che nasconde però anche molta malinconia. Uno dei ragazzi che sta dietro il bancone del Bar Pasticceria Sinatti, Alessandro Mancini, pensando al nuovo lockdown, si sofferma proprio su questo, ovvero sulla consapevolezza di un futuro incerto, per un settore già messo in ginocchio nella prima fase.

"La paura di tutti si è rilevata realtà - afferma -. Il periodo sarà durissimo, per fortuna al nostro fianco ci sono dei clienti che anche solo per affetto e abitudine non vedono l’ora di tornare qui, alla loro normalità".

Ma questo non basterà, soprattutto in un periodo come questo. E se fra i dipendenti regna la preoccupazione fra i titolari, soprattutto chi gestisce attività familiari, la disperazione è totale. In molti temono di restare così in bilico per un tempo molto più lungo. Per questo andranno incontro ad una prova di resilienza che ognuno adatterà in base alle caratteristiche della propria clientela e soprattutto della propria struttura.

Ma anche chi terrà aperto puntando sull’ asporto è consapevole che non sarà comunque una passeggiata, anzi. "C’è tanta amarezza, avevamo iniziato a lavorare bene e ora ci hanno tagliato nuovamente le gambe – spiega Alessia Becatti, della Pasticceria senese -. Ce lo ricordiamo bene quello che abbiamo passato mesi fa, e adesso ci risiamo".

Una strada, quella di provare con il ‘take away’, che stanno prendendo in molti. D’altronde l’alternativa è quella di tenere la serranda abbassata. Alternativa che in molti casi diventa un obbligo con calcolatrice alla mano, fra entrate ed uscite.

"Come attività lavoriamo dopo le 18 e già con il primo dpcm è stato un massacro, ora con la chiusura è una tragedia – afferma Gaetano Tartaglione, Bar Impero –. Qui non ci sono presupposti per fare l’asporto. Solo per girare la chiave ed aprire la porta abbiamo delle spese da sostenere e l’affitto resta sempre lo stesso. Siamo ancora stremati dalla prima chiusura, adesso ci devono dare davvero una mano. Aiuti concreti e non solo promesse".

C’è chi invece ancora non ha perso la speranza. Al Whisky bar, Enrico Vallerani, mentre mette in ordine gli scaffali, non si fa prendere dalla disperazione. "Ce lo aspettavamo, lo avevamo messo in conto, quest’anno è così – afferma -. Continueremo con l’asporto, ma la fiducia c’è. Non bisogna mollare". Non vuole mollare neanche chi aveva appena inaugurato l’attività come il bar caffè Scudieri in Piazza del Campo. Qui oltre il danno, la beffa di aver voluto sfidare il coprifuoco alle 18 e poi si è incappati nella chiusura.

"Aprire in un momento come questo è stata una bella sfida, ora dobbiamo fare i conti subito con uno stop. E’ stata una doccia fredda ma ce lo aspettavamo – afferma Giuseppe Tedesco, direttore Scudieri - . Speriamo di riaprire il prima possibile, fra i dipendenti c’è ottimismo e questo ci rincuora". L’unica è guardare avanti, è il mantra per tutti i titolari dei locali.