"Riconosco che è una fortuna poter vivere tutti i giorni questo luogo". Chiara Valdambrini è, da quasi tre mesi, direttore del Santa Maria della Scala. In realtà avrebbe dovuto esserlo da più tempo, perché ha vinto il concorso il 5 aprile ed è stata proclamata il 31 maggio, ma ha finito per essere coinvolta suo malgrado nelle dinamiche di fine mandato dell’attuale cda. Ora vive un’altra fase di passaggio in attesa delle nuove nomine, ma di certo l’entusiasmo non le manca. Basta fare due passi con lei dentro il Santa Maria, guardarla ammirare i tanti profili della Corticella, percorrere il nuovo tratto di strada interna appena riaperto, osservare come le brillano gli occhi quando indica gli scavi archeologici sul versante del Fosso di Sant’Ansano per percepire la passione che la guida in questa sfida. Da qui a mettere davvero in moto la macchina della Fondazione ce ne corre, ma la partecipazione è coinvolgente. "Dobbiamo intanto definire una consapevolezza: chi viene qui non deve avere dubbi di dove è stato. Per questo lavoreremo da subito anche su un progetto di corretta comunicazione di cosa è il Santa Maria della Scala", dice Valdambrini.
Ci sarà da fare i conti anche con i nuovi vertici, chiaro.
"Certo, attendo il confronto e le indicazioni che verranno. Ma abbiamo idee e progetti da condividere con il nuovo cda, contando ovviamente anche sull’ottimo rapporto con il Comune".
Iniziando da dove?
"Ho da subito pensato che dovessimo ripartire dai senesi e da lì muovere verso l’esterno. Per questo nei primi progetti ho coinvolto gli enti culturali più affini alla Fondazione ma sono convinta si debba arrivare a tutta la città, dalle associazioni alle Contrade, ai senesi insomma".
Come si rapporta con l’Università?
"Questa è casa anche dell’Università, che ha fornito sempre un contribuito straordinario di studi e ricerca. Sicuramente nel 2024 sarà invitata a far parte come socio della Fondazione".
Cosa ha rappresentato l’apertura del nuovo tratto della strada interna?
"Un’emozione perché era la mia prima inaugurazione, ma da archeologa sono convinta che porterà anche novità importanti sulla storia del complesso ospedaliero e di come si sia trasformato nel tempo".
Cosa dobbiamo aspettarci?
"Faremo una giornata di studi con tutti gli attori che hanno lavorato in maniera multidisciplinare e trasversale. Il professor Gabrielli sta compiendo studi approfonditi che ci aiuteranno a capire trasformazioni e funzioni degli ambienti".
Grandi eventi e proposta quotidiana: lei a quale Santa Maria crede di più?
"Sono due piani diversi, per programmare appuntamenti importanti servono tempo e risorse. Intanto il polo museale deve comunque diventare forte, attrattivo e poliedrico. E, insisto, avere un’immagine definita e chiara".
State pensando a riproporre il biglietto unico con il polo del Duomo?
"Ne stiamo ragionando, abbiamo tenuto alcuni incontri con questa prospettiva".
Il rapporto di visitatori tra Santa Maria e Duomo è uno a venti: come intervenire?
"Il Santa Maria deve prendere coscienza di quello che è e vuole fare, gettare le fondamenta per programmare e comunicare in largo anticipo per attirare i visitatori che già ci sono, ma si fermano a pochi metri da qui".
L’ipotesi Pinacoteca si può considerare tramontata?
"Ad oggi direi che non è all’orizzonte, anche perché la Pinacoteca dopo l’autonomia sta lavorando su un altro progetto che vede al centro l’attuale sede".
Come immagina il prosieguo dei lavori?
"Che il recupero debba essere completato è fuori di dubbio, così come che siano necessarie enormi risorse. Ma credo che si debba procedere avendo chiaro in mente cosa si vuole fare di ogni spazio recuperato e scegliendo in base a questo i nuovi interventi da compiere".
Cosa può dirci ancora questa struttura?
"La meraviglia del Santa Maria è che ogni luogo recuperato ha portato nuove e ampie conoscenze. La ricerca continua è un punto di riferimento. Ed è una della basi per avere la visione di dove ci porterà il progetto di recupero complessivo".