"Il payback farà fallire centinaia di imprese. La Toscana non può chiedere 390 milioni"

Boggetti, ad Diesse e presidente Confindustria Dispositivi medici. "Errore strategico in una Regione che punta sulle scienze della vita. Si vuol far pagare alle aziende i disavanzi della sanità"

Massimiliano Boggetti

Massimiliano Boggetti

Siena, 4 gennaio 2023 - Massimiliano Boggetti, amministratore delegato di Diesse Diagnostica senese e presidente nazionale di Confindustria Dispositivi medici, parla apertamente di "errori politici e strategici". Accusando le Regioni italiane, e la Toscana in particolare, di "scelte basate sul pressappochismo, che rischiano di far chiudere centinaia di imprese in comparto strategico per la sanità pubblica e per l’economia del Paese". Un duro atto d’accusa alla vigilia delle prime scadenze del famigerato ’payback’: ovvero le richieste di rimborso da parte delle Regioni alle industrie che producono dispositivi medici, dalle mascherine ai test diagnostici, dai pannoloni alle siringhe, dal biomedicale agli ausili per le disabilità, per un totale di 2 miliardi e 200 milioni di euro. Il totale della compartecipazione per lo sforamento dei tetti di spesa negli anni dal 2015 al 2018. Il conto della Toscana è di 390 milioni di euro. Le aziende dovrebbero pagare le loro quote entro il 15 gennaio, in base alle lettere spedite loro dalle 20 Regioni d’Italia.

"Il problema della Toscana e del presidente Eugenio Giani - rileva Boggetti - parte dalla difficoltà di coprire il disavanzo della sanità. Il Governo Draghi in scadenza ha deciso, con malizia, di non trasferire alle Regioni i finanziamenti statali per rimborsare le spese fatte durante la pandemia. Come merce di scambio, ha sbloccato i decreti attuativi che per quasi dieci anni non sono mai stati emanati in materia di payback. La legge che istituisce la compartecipazione delle imprese al ripiano della spesa regionale per i dispositivi medici risale al 2011. Ma era difficile applicare la norma sulle gare pubbliche che regolano il sistema degli acquisti nella sanità".

Boggetti parla di "mancanza di competenze e conoscenze e di cattivi consiglieri che rischiano di far saltare una filiera strategica per decisioni sbagliate che avranno impatti diretti sui cittadini". Le prime sentenze dei Tar sono attese a metà gennaio, il contenzioso tra le oltre 4.500 imprese di dispositivi medici (oltre 112 mila gli occupati per un mercato, che tra spesa pubblica e importazioni sfiora i 17 miliardi di euro) sta conoscendo il suo momento più caldo. Anche in vista delle scadenze dei pagamenti pretesi dalle Regioni, il 15 gennaio.

"L’errore politico della Toscana è pretendere che quei 390 milioni di euro siano dovuti per legge - aggiunge il presidente Boggetti -. Un errore aggravato dal fatto che la Regione punta molto del suo futuro sulle Scienze della vita, dalla Fondazione Biotecnopolo all’hub antipandemico. Ma allo stesso tempo punisce le industrie che dovrebbero rappresentare il volano del comparto. Alla vigilia di una nuova ondata pandemica per la quale tante imprese saranno chiamate di nuovo a fornire per legge dispositivi medici di elevata qualità. Ho chiesto più volte di incontrare il governatore Giani e l’assessore Bezzini, ma finora non ho avuto risposte incoraggianti".

Oltre al vertice di Confindustria, che è l’amministratore delegato di Diagnostica senese, sono tante le aziende della provincia di un settore cruciale per le scienze della vita. Molte sono piccole e medie imprese, chiamate a restituire somme incassate dal 2015 al 2018, partecipando a gare pubbliche e dopo aver già pagato le tasse su quei fatturati. Nel decreto legge ’Aiuti bis’ e con altri decreti del Ministero della salute, sono state fissate le linee guida che hanno portato le Regioni a quantificare le somme che le aziende dovranno restituire. E il 15 dicembre sono partite centinaia di lettere inviate alle imprese produttrici. Come risposta sono partiti centinaia di ricorsi al Tar per un sistema che Confindustria giudica "distorto e illegittimo, capace di far saltare tante aziende, già in difficoltà per la crisi energetica e l’alto costo delle materie prime". La deadline si avvicina a grandi passi e non si riesce a vedere una possibilità di compromesso tra industrie e Regioni.