REDAZIONE SIENA

Carlo Turchi, il ragioniere di campagna

Una foto una storia Per 19 anni sindaco revisore del Monte, litigò con D’Alema sull’affare Banca 121

Carlo Turchi, il ragioniere di campagna

Fra le migliori doti che un uomo può avere c’è quella di saper nascondere per vocazione i propri meriti. E questa massima mi sembra la più indicata per cominciare a parlare di Carlo Turchi, per descriverlo alle nuove generazioni già avulse dalla memoria e che credono che la storia, anche cittadina, sia scritta dai personaggi sempre in primo piano. Eccolo ritratto da Augusto Mattioli: c’è tutto il senso di un uomo che aveva fatto della sua serietà il suo stile di vita, scelto anche il modo in cui voleva apparire.

Per descriverlo cominciamo dai suoi ben 19 anni di sindaco revisore del Monte dei Paschi: anni importanti, di silenziosa ma evidente trasformazione, non certo quella che l’ha portato agli anni più bui, più difficili. Turchi aveva fatto dell’economia cittadina un mirabile equilibrio nel suo concetto politico-economico che faceva perno sul senso, più vero e moderno, della cooperazione: ad esempio possiamo ricordare la gestione immobiliare della Cooperativa La Quercia, prima del Partito Comunista e poi dei DS, una sorta di patrimonio sorretto e tutelato per un servizio non certo a disposizione di pochi.

"Resterai sempre un ragioniere di campagna!", gli disse D’Alema con sarcasmo quando Turchi criticò l’affare Banca 121. Ma l’allora leader del Pd sapeva chi aveva davanti, e questo giudizio veniva letto come più che positivo dallo stesso Turchi, perché proprio la visione del suo ruolo era sempre vista partendo dal particolare, dalla sua città, al centro delle attenzioni. Poi poteva venire il resto del mondo. Un uomo equilibrato che teneva tutto un mondo economico in equilibrio. Ma sempre senza gesti eclatanti, senza foto da prima pagina. E certe operazioni come l’acquisizione della Banca 121 lo avevano sempre visto distante, mai fortemente coinvolto. Vedeva insomma molte cose prima di altri e non c’era bisogno di frequentare tutti i giorni la stanze romane di governo o di partito. A Siena provò anche a diventare, senza successo, capitano della Contrada della Chiocciola.

Questo era Carlo Turchi, un uomo "necessario" di cui purtroppo dobbiamo fare a meno e soprattutto mai veramente sostituito. Il cosiddetto "bene comune", ben oltre anche ad una coerente appartenenza politica, veniva sempre avanti a certe "sciocchezze" come i titoli e gli allori. La sua mancanza in certi fondamentali passaggi che la città ha dovuto subire, si è fatta enormemente sentire, accanto ad altre figure come Stefano Bellaveglia. Scriveva Margaret Atwood sulla teoria degli "uomini invisibili": proprio la modestia è invisibilità, è cambiare le cose, spostare le lancette senza che si veda la mano del maestro. Massimo Biliorsi