
Ci sono figure così complesse, che diventano crocevia di momenti storici cittadini, tanto che parlarne è sempre un rischio; fare solo un noioso elenco di meriti e di riconoscimenti. Perdiamo spesso il senso delle dinamiche della storicità di un’esistenza, soprattutto se ci rivolgiamo ai più giovani, per spiegare certi passaggi epocali, che hanno sempre nomi e cognomi. Ecco che Augusto Mattioli ferma nel tempo il ritratto di Adalberto Grossi, grande figura della medicina, non solo senese, uomo di spiccata personalità, capace di inserirsi così bene nel tessuto cittadino da diventare anche Governatore dell’Oca, in un anno non certo semplice da gestire, il 1984, quando Fontebranda torna al successo in Campo.
Ma Grossi è stato soprattutto una delle figure perno del passaggio dell’ospedale senese dal vecchio Santa Maria al nuovo Policlinico. Il che significa non tanto e non solo una nuova struttura, ma una metodologia di approccio futuribile alla malattia, tecnologicamente da altra epoca, inserendo tutta una interventistica robotizzata che ha qui iniziato un percorso che proseguirà all’infinito. Grossi ha aperto le porte ad un altro mondo: lo ha fatto da grande uomo di scienza, che per lui si chiama Chirurgia toracica e cardiovascolare, ma che per noi profani significa uomo che ha esplorato un mondo nuovo, mai visto. Da lui tutta una schiera di figure che poi sono diventate, in una proficua diaspora nazionale, altri eccellenti uomini di medicina. E potremmo fare un elenco di varie pagine.
Rettore dell’Università dal 1979 al 1985, quel dopo Barni che significa un passaggio di testimone per credibilità e capacità, facendo di Siena una sorta di calamita di idee e di finanziamenti. Una crescita ordinata e con risultati che hanno determinato molte certezze di cui ancora oggi possiamo vantarci. Il suo cammino fa comprendere chi è davvero uno scienziato. E’ un uomo curioso che adopera il suo talento per scoprire cosa c’è oltre un muro, dietro una porta mai aperta. Gli scienziati sono in fondo degli esploratori. Che non guardano solo al proprio mondo: durante il suo rettorato è indubbia la sua spinta al recupero e alla modernizzazione della Facoltà di Lettere e al completamento del plesso di San Francesco. Un uomo illuminato: gli fu offerta anche la presidenza del Monte dei Paschi, e lui la rifiutò, aprendo le porte di Rocca Salimbeni a Piero Barucci. In fondo è la più grande lezione di vita, dalla sala operatoria.
Massimo Biliorsi