Piero Borrotzu sacrificio da eroe. Si è offerto volontario ai nazifascisti. Così ha evitato una strage di civili

Il gesto del 23enne partigiano nel rastrellamento di Chiusola. Fucilato al grido di ’Viva l’Italia libera’

Piero Borrotzu sacrificio da eroe. Si è offerto volontario ai nazifascisti. Così ha evitato una strage di civili

Piero Borrotzu sacrificio da eroe. Si è offerto volontario ai nazifascisti. Così ha evitato una strage di civili

All’alba del 5 aprile 1944, a Chiusola di Sesta Godano, venne ucciso dai nazifascisti Piero Borrotzu, partigiano “Tenente Piero”, Medaglia d’Oro al Valor Militare. Nella lapide a Chiusola è scritto: “offertosi volontariamente al nemico per salvare da strage un paese innocente”. Nella tomba a Vezzano Ligure, il paese natio della madre: “lottò e morì con la virtù di un cavaliere antico”. Piero era nato a Orani (Nuoro) nel 1921. Dopo l’8 settembre 1943, ufficiale dell’esercito a Milano, indignato per il contegno dei capi militari, fuggì con un carico di armi e raggiunse, tramite il parente Antonio Ferrari, il movimento legato a Giustizia e Libertà che il colonnello Giulio Bottari stava organizzando a Vezzano. Nel gruppo entrarono a far parte altri due sardi: Franco Coni, che di Piero era stato compagno di Accademia, e Antonio Mereu. Coni diventerà uno dei comandanti più valorosi della nostra Resistenza. Mereu si spostò in Romagna, dove morì combattendo il 12 ottobre 1944.

Tutti e tre indomiti ribelli, entusiasti e difficili da tenere a freno, ha raccontato il partigiano Vero Del Carpio. Il “gruppo Bottari” salì a Torpiana di Zignago. La brigata guidata dal “Tenente Piero” si insediò nella zona di Antessio, Airola e Chiusola e si contraddistinse per azioni valorose. Dopo l’assalto alla caserma fascista di Carro per fare incetta di armi, Piero e i suoi si mossero verso Groppo, inseguiti dai fascisti. In tre, il 26 marzo, trovarono la morte: un barese, un aretino e un disertore tedesco. A Tresana, il 30 gennaio, era stato ucciso un polacco del gruppo santostefanese di “Tullio”. Sul Monte Barca e a Valmozzola, il 14 e il 17 marzo, erano morti in 11, tra cui tre russi. Il 18 marzo i fascisti avevano ucciso il sarzanese Arturo Bacinelli. I tanti stranieri caduti già in questa prima fase – compresi gli inglesi dell’operazione Speedwell e gli americani dell’operazione Ginny – danno il senso di un movimento contro il nazifascismo che fu davvero internazionale.

Il 3 aprile il comando tedesco spezzino decise un rastrellamento in Alta Val di Vara, a cui parteciparono i militi della X Mas. All’alba del 5 aprile i nazifascisti giunsero a Chiusola e radunarono la popolazione per una rappresaglia. Borrotzu non venne scoperto e avrebbe potuto salvarsi. Invece, per evitare il massacro di persone innocenti, si presentò spontaneamente ai nemici. Sul piazzale della chiesa l’ufficiale tedesco diede l’ordine, eseguito da un plotone fascista, di fucilarlo. Prima di morire, nonostante la precaria condizione fisica per le percosse subite, Piero scattò sull’attenti e gridò “Viva l’Italia libera!”. Sempre il 5 aprile altri tre uomini delle bande del “Tenente Piero” e di “Beretta” – un parmense, un ragusano e un cosentino – furono catturati dai tedeschi e fucilati in piazza a Sesta Godano. Altri due partigiani furono uccisi dopo un feroce interrogatorio e i loro corpi abbandonati vicino al passo di Cento Croci.

Giorgio Pagano

(co-presidente del Comitato provinciale Unitario della Resistenza)