"Un ragazzo su due lancia offese dai social"

L’esperto in psicologia applicata a internet: "Se ci si comporta così nei confronti di una carica pubblica, immaginate fra compagni..."

Gli esperti Francesco Pagnini  e Francesco Brizzi di Sed (Servizi  per l’educazione digita

Gli esperti Francesco Pagnini e Francesco Brizzi di Sed (Servizi per l’educazione digita

Prato, 11 dicembre 2019 - Francesco Brizzi è dottore in psicologia clinica, criminologo ed esperto in psicologia applicata a internet. Con il Sed (Servizi per l’educazione digitale) gira le scuole pratesi per insegnare ai ragazzi il corretto uso di internet e metterli in guardia dai potenziali pericoli del web. Un oceano dove può capitare di trovare di tutto, dove l’odio e le volgarità si amplificano e possono ferire le persone. La cosa più grave è che spesso le offese e le minacce partono proprio da giovanissimi di nemmeno 14 anni. È successo lunedì, dopo il terremoto: quando il sindaco Matteo Biffoni ha comunicato che le scuole sarebbero rimaste aperte si sono scatenati centinaia di commenti offensivi e minacce. Addirittura qualcuno è arrivato ad augurare la morte. Perché un giovane si trasforma in hater, ossia in un odiatore? "Bisogna partire da un presupposto importante, ovvero che i social network per come sono strutturati rappresentano un terreno fertile per le offese e il cyberbullismo. Una comunicazione istantanea favorisce l’aggressività verbale. È vero che ogni profilo social ha un nome e un cognome, ma la percezione che hanno i ragazzi è di usare un avatar che interagisce con un altro avatar". E così si sentono liberi di offendere e minacciare? "Probabilmente non avrebbero usato gli stessi toni o le stesse espressioni in una discussione viso a viso con il sindaco. Il fatto di essere dietro uno schermo li fa sentire liberi di poter fare quello che vogliono. È evidente che manca una giusta educazione all’uso del digitale. E c’è un dato molto significativo emerso dalle nostre ricerche". Lo illustri. "Un ragazzo su due, su un campione di 2370 studenti pratesi, ha dichiarato di aver usato le applicazioni della rete per offendere. Di questi, il 34% ha indirizzato le offese in più ambienti digitali. E in nove casi su dieci lo hanno fatto all’insaputa dei genitori. Se manca un controllo educativo è molto più probabile che il minore faccia un errore". Quando un giovane scrive certe minacce ignora le conseguenze? "È difficile misurare la consapevolezza. Ma è probabile che a posteriori, se riflette su quello che ha scritto, riesca a comprendere la gravità del gesto. Il problema sta proprio qui: quando un ragazzo interagisce via social non riflette, perché l’uso dello strumento non richiede un ragionamento. L’istantaneità del mezzo fa sì che il giovane si esprima con il primo pensiero che gli passa per la testa. La ragione è esclusa da questo processo". Se un ragazzino arriva a rivolgere certe offese a un sindaco cosa dobbiamo aspettarci in una chat tra coetanei? "È plausibile pensare che chi si lascia andare a commenti violenti verso una carica pubblica usi parole ancora più forti con i coetanei. E le offese ripetute più volte, rivolte a persone fragili, possono creare pericolosi casi di cyberbullismo". Come combattere questo fenomeno? "Con la nostra cooperativa negli ultimi sette anni abbiamo incontrato oltre 300 classi. Servono percorsi educativi specifici, la sensibilizzazione al tema non basta più. Nelle scuole medie ad esempio abbiamo messo in piedi dei laboratori. E il coinvolgimento dei genitori è fondamentale". © RIPRODUZIONE RISERVATA