Prato, figlio dall'allievo: condannata a 6 anni e mezzo

L'accusa aveva chiesto una condanna a 7 anni. Un anno e 8 mesi al marito

Gli avvocati Mattia Alfano e Massimo Nistri  (Attalmi)

Gli avvocati Mattia Alfano e Massimo Nistri (Attalmi)

Prato, 1 giugno 2020 - E' stata  condannata a sei anni e sei mesi la pratese di 32 anni accusata di violenza sessuale su minore e violenza sessuale per induzione per aver intrattenuto una relazione con un ragazzino (oggi sedicenne)  da cui ha avuto un figlio nell'agosto del 2018. A processo insieme a lei, c'era anche il marito (suo coetaneo)  che è stato condannato a un anno e 8 mesi con l'accusa di alterazione di stato civile per aver riconosciuto il bambino pur sapendo che non era suo, secondo l'impostazione della Procura. 

La mamma del ragazzino: "Gli ha rovinato la vita" (VIDEO)

I pubblici ministeri Lorenzo Gestri e Lorenzo Boscagli avevano chiesto una condanna a sette anni per la donna senza attenuanti generiche, e due anni per il marito a cui invece avevano riconosciuto le attenuanti considerandolo la "seconda vittima" della moglie dopo il ragazzino. 

I difensori, Mattia Alfano e Massimo Nistri, durante l'arringa hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale della legge considerandola non "più attuale" rispetto ai giovani di oggi  soggetti a continue sollecitazioni, soprattutto su internet.

Oltre ai due imputati era presente in aula anche la madre del sedicenne, che si è costituita parte civile insieme al marito, assistita dall'avvocato Roberta Roviello.

Era stata proprio la mamma del ragazzo ad accorgersi dello strano rapporto tra il figlio e quella donna molto più grande di lui. Nel marzo di  un anno fa la madre ha sporto denuncia e da quel momento sono cominciate le indagini che non hanno risparmiato colpi di scena. La procura dispose subito il dna sul piccolo che ha stabilito la paternità del bambino nato nell'agosto del 2018. La donna venne messa ai domiciliari a fine marzo dove è rimasta fino al febbraio scorso. 

Secondo quanto ricostruito dalle indagini, la relazione sarebbe nata nel giugno del 2017 quando la donna dava ripetizioni di inglese al giovane per prepararlo all'esame di terza media. Il primo rapporto sessuale sarebbe stato nel giugno di quell'anno quando il ragazzino aveva 13 anni. Questo è stato il punto su cui accusa e difesa si sono date battaglia durante il processo. L'imputata ha sempre sostenuto che il rapporto era cominciato quando il ragazzo aveva compiuto 14, ossia  nel novembre del 2017.

Una tesi che avrebbe alleggerito la sua posizione. Il ragazzo, invece, sentito in incidente probatorio e poi in aula, ha detto di aver avuto il primo rapporto il 21 giugno del 2017. L'accusa di violenza sessuale per induzione è riferita agli ultimi mesi della relazione (gennaio/febbraio 2019) quando la donna si era resa conto che il giovane voleva interrompere la relazione  e per tenerlo a sé lo minacciava di dire a tutti che il figlio era suo. La relazione è durata circa un anno e mezzo.