La stangata energia mette all’angolo le scuole. Aule più fredde o dad? Scelta che logora

Puggelli: "Situazione drammatica, non abbiamo soldi". In media la spesa per gas ed elettricità è di 4 milioni all’anno: ipotesi aumenti del 200%

Didattica a distanza

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Prato, 1 settembre 2022 - Scuole e aumenti: uno dei rebus più complicati da risolvere in questo inizio settembre. Per imprese e famiglie il caro energia è un dramma, per le scuole altrettanto. In gioco ci sono tanti soldi pubblici e le possibilità economiche degli enti territoriali, quindi Comuni e Province, che solo con le proprie forze, e senza aiuti di stato, non riescono a far fronte alla stangata.

In gioco c’è anche il destino di 36.000 studenti che dopo due anni di pandemia meriterebbero una scuola normale e confortevole. Due aspetti che oggi sembra quasi impossibile garantire. Il presidente della Provincia Francesco Puggelli, parla della necessità di una strategia condivisa: "Come salta il riscaldamento in una scuola parte subito lo sciopero, ma oggi tutto questo non possiamo permettercelo", commenta. "La situazione è drammatica, non abbiamo interlocutori al governo e siamo soli a scegliere quale sia il male minore. Entro ottobre dovremo avere una soluzione condivisa con tutti i dirigenti, così da applicarla in maniera unitaria. Speriamo di farcela".

Intanto i conti non tornano. La Provincia per scaldare le scuole superiori spende mediamente quattro milioni di euro all’anno. Le previsioni elaborate a giugno ipotizzavano aumenti del 200%, oggi insostenibili. Sempre la Provincia ha stanziato prima 1,5 milioni per coprire eventuali aumenti, poi un ulteriore incremento di 300.000 euro con l’avanzo di bilancio. In totale 1,8 milioni che con gli attuali prezzi di gas e energia non saranno minimamente sufficienti a scaldare tutte le scuole e le palestre della città. "Abbiamo investito sull’efficientamento dei plessi, abbiamo realizzato una mappatura di tutte le scuole e ammodernato gli impianti dove necessario, ma sono interventi minimi rispetto a quello che ci troviamo a fronteggiare", aggiunge Puggelli. "I soldi risparmiati con l’efficientamento degli istituti non sono minimamente sufficienti a mitigare gli effetti del caro energia". La sproporzione è incolmabile se non con misure drastiche. La discussione vira dunque su possibili soluzioni: ma quali? La prima: finestre chiuse per evitare la dispersione del calore. Una scelta che però andrebbe in contrasto con le raccomandazioni fortemente caldeggiate dal ministero, ossia areare i locali per evitare la diffusione del Covid.

"Non possiamo permetterci di tenere i riscaldamenti così alti da riscaldare i locali anche con le finestre spalancate", spiega Puggelli. E dunque meglio tenere i termosifoni spenti nel pomeriggio? Possibile anche questo, con l’incognita però che molti studenti dovranno indossare maglioni pesanti e sciarpe durante i laboratori pomeridiani. Sperare allora in un inverno mite? A questo punto anche questa è, appunto, una semplice speranza. Ci sono altre ipotesi al vaglio come ad esempio scegliere di spegnere gli impianti almeno nelle palestre. Tutte soluzioni che comportando disagi, da una parte o dall’altra.

La coperta è corta ed è anche per questo motivo che serve unità nel prendere decisioni: ovvio che se tutti gli studenti saranno costretti agli stessi sacrifici questo potrebbe aiutare ad assicurare la gestione generale. Di sicuro, le scuole sono di nuovo ad un bivio. Costrette in una situazione scomoda che di certo non fa bene al sistema segnato nel profondo nel corso degli ultimi due anni. È anche per i retaggi della pandemia che in città è stata bocciata da dirigenti e studenti l’ipotesi che sta prendendo campo a livello nazionale, ossia l’introduzione della settimana corta con eventuali lezioni in dad il sabato mattina. "Sulla didattica sono le singole scuole a decidere", spiega Puggeli.

"Dico solo che di fonte a questa ipotesi serve un atteggiamento più morbido. Ciò che so per certo è che non possiamo permetterci di rinunciare a costruire nuove scuole di cui abbiamo grande necessità per fare fronte agli aumenti delle bollette. Ci troveremo a fare passi indietro e questo non è accettabile".

Silvia Bini