BEATRICE MAGNOLFI*
Cronaca

"Quella telefonata di Napolitano Il presidente autorevole e gentile"

Beatrice Magnolfi ricorda l’elezione del 2006: era senatrice e stava per diventare sottosegretaria "Le settimane più intense dei miei anni in Parlamento. Anche allora dicevano: ci vorrebbe una donna..."

di Beatrice Magnolfi*

Nella mia vita da parlamentare quello fra l’aprile e il maggio del 2006 è stato il periodo più denso di emozioni, che ricordo molto bene. Le elezioni politiche si erano appena concluse, con un risultato al cardiopalma: la vittoria del centrosinistra con un pugno di voti di differenza. Dopo cinque anni alla Camera, ero entrata per la prima volta nell’aula di Palazzo Madama: gradinate incombenti, velluti e cornici dorate dove presto si sarebbero consumati tradimenti e congiure. Romano Prodi stava lavorando all’assetto di Governo e il borsino dei futuri ministri e sottosegretari, che peraltro mi riguardava personalmente, si incrociava con le manovre per il Quirinale. Nelle riunioni della segreteria dei Ds, di cui allora facevo parte, era visibile la fatica di Piero Fassino per trovare la quadra su una proposta da avanzare al paese, in quanto segretario del maggior partito.

Il mantra di quei giorni era quello del "lodo Ciampi": si doveva trovare un nome su cui ci fosse la convergenza di una maggioranza molto larga, oltre gli schieramenti, come quella che aveva eletto Presidente, sette anni prima, Carlo Azeglio Ciampi. Pensiero nobile, ma utopistico, specie a ridosso di una campagna elettorale che era stata aspra e piena di veleni. Tanto più che questo desiderio si scontrava con le legittime aspirazioni di Massimo D’Alema di essere candidato, non proprio una proposta di unità nazionale.

Un’altra parola d’ordine che circolava, soprattutto nelle dichiarazioni quotidiane, era la formula "ci vorrebbe una donna", corredata da nomi di grande valore che in realtà non avevano speranza. A distanza di quindici anni purtroppo non siamo in condizioni molto diverse, ma chissà... non è proibito sperare.

Quando Fassino prese atto che su D’Alema non ci sarebbe stata la convergenza sperata, nella segreteria prese corpo l’ipotesi di candidare Giorgio Napolitano. Difficile trovare una personalità altrettanto autorevole, per il formidabile curriculum istituzionale e per le posizioni politiche di coerente riformismo. Dentro il centrosinistra tutti apprezzavano Giorgio e non era solo la sua storia a farlo rispettare, ma anche il modo gentile e intelligente con cui continuava ad essere presente nella vita politica, lasciando spazio ai più giovani.

Personalmente ne avevo avuto prova in diverse occasioni. Ricordo ad esempio quando, deputata alla prima legislatura, mi ero sentita chiamare a casa una domenica pomeriggio, dopo un convegno che avevo organizzato sulla trasparenza nella pubblica amministrazione: "Sono Giorgio Napolitano - pausa - vorrei avere la tua relazione, che mi serve per un’orazione al consiglio regionale della Campania, presieduto dalla signora Mastella. Lì in materia di trasparenza sono un po’ digiuni". Proprio così disse, col tono forbito da signore partenopeo che non rinuncia mai all’ironia. Anzi, disse: "diggiuni". Mi fa ancora sorridere.

La sua elezione fu preceduta da una riunione dei grandi elettori del centrosinistra nella Sala della Regina a Montecitorio: fu molto applaudito, da alcuni con rimpianto, da altri forse con sollievo, il bel discorso di Massimo D’Alema che ritirò la propria candidatura. Anche se non si realizzò il lodo Ciampi (fu eletto a maggioranza), credo che Napolitano sia stato un grande Presidente e sono sempre stata orgogliosa di aver contribuito alla sua elezione. Ai grandi elettori di oggi auguro di poter essere fieri, anche in futuro, del risultato ottenuto per il paese.

* Deputata Ds dal 2001 al 2006

Senatrice Ulivo 2006 - 2008

Sottosegretaria all’innovazione nel secondo governo Prodi

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