
Carabinieri in servizio
Prato, 9 luglio 2024 – Condannati i falsari delle grandi griffe. Si chiude con cinque condanne e due assoluzioni il lungo processo per associazione a delinquere finalizzata alla contraffazione e alla ricettazione che ha visto sul banco degli imputati un imprenditore di Carmignano, sua madre e un suo collaboratore. Il collegio dei giudici di Prato, al termine di una camera di consiglio durata ben quattro ore, ha condannato il titolare della ditta Co.Em di Carmignano, ditta che faceva le lavorazioni della minuteria metallica, Emanuele Corrado, e il suo collaboratore Silvano Bartolo a quattro anni e a 4.000 euro di multa. Riccardo Bini (difeso insieme a Bartolo dagli avvocati Costanza Malerba, Federico Febbo e Luca Betti) a due anni e 15 giorni e 600 euro di multa senza l’associazione a delinquere. Sono stati condannati anche Andrea Monaco (un anno e due mesi), che si occupava della lavorazione dei metalli e del trasporto, e la mamma di Corrado, Manuela Cambi, a nove mesi. Assolti, invece, Michel Capra (che faceva le lavorazioni) e – come richiesto dal pm della Dda Ester Nocera – Abderrazak Ouahbi, difeso dagli avvocati Fabio Generini e Francesco Stefani di Firenze. Quest’ultimo era finito nel processo con la sola accusa di ricettazione in quanto aveva le chiavi di un garage in cui veniva sistemata la minuteria farlocca a sua insaputa. Il collegio dei giudici presieduto da Francesco Gratteri ha ordinato la distruzione di tutta la merce contraffatta sequestrata durante le indagini. Il processo, uno dei tanti per contraffazione a Prato, è stato particolare in quanto le case di alta moda hanno sfilato come parti offese. Fra queste ci sono Gucci, Ferragamo, Prada e Yves Saint Laurent. Il gotha dell’alta moda nazionale e internazionale che sarebbe stato danneggiato dal sistema di contraffazione messo in piedi da Corrado e dai suoi collaboratori. Per le case di moda è stata disposta una provvisionale di 5.000 euro ciascuna. Secondo l’accusa, il gruppo realizzava accessori di alta moda che erano esattamente identici all’originale. Talmente identici che anche la casa madre non riusciva a stabilire quale fosse l’originale. Eccetto che per una etichetta interna che riportava un codice prodotto non corrispondente al modello, come ha accertato la perizia disposta dal tribunale. L’inchiesta, piuttosto tribolata, perché iniziata a Prato e passata alla Dda per un rimpallo di competenze, è arrivata alla fine solo ieri con le condanne di primo grado. I fatti risalgono al 2017-2018 quando furono scoperte alcune borse e cinture contraffatte. Modelli identici a occhio nudo ma anche a una valutazione degli esperti. Gli investigatori – le indagini furono affidate ai carabinieri di Viareggio, esperti in materia – riuscirono a risalire alla ditta di Carmignano che produceva la minuteria metallica ma anche pezzi di stoffe che erano assemblate da un’altra parte per realizzare borse, cinture e altri accessori di griffe famose.
Laura Natoli