23 ottobre 1981: Prato si svegliò col delitto del Mostro alle sue porte. E tornò la paura

Il duplice omicidio era avvenuto nella notte a Travalle, poco oltre il confine con Calenzano. Vittime Stefano Baldi e Susanna Cambi

Stefano Baldi e Susanna Cambi, vittime del mostro a Calenzano. Nel riquadro, l’identikit

Stefano Baldi e Susanna Cambi, vittime del mostro a Calenzano. Nel riquadro, l’identikit

Prato, 23 ottobre 2021 -  La notizia arrivò dalla radio di Stato e si propagò col passaparola la mattina del 23 ottobre 1981. Non c'erano i social, né i telefonini, Gr e Tg avevano orari distanziati, le tv private trasmettevano di sera e le stesse radio locali ormai si riempivano di musica e si svuotavano di notizie. Che due ragazzi erano stati uccisi in macchina, mentre facevano l'amore, in un campo a  Travalle, Prato lo apprese dai pratesi. E fu subito paura, aumentata col passare delle ore, alla notizia che una delle vittime, Stefano Baldi, viveva a Prato e lavorava a Vaiano, al lanificio Stura e la fidanzata Susanna Cambi, fiorentina, aveva la madre cameriera all'hotel Palace.

La Nazione annuncia il delitto di Travalle il 24 ottobre 1981

La mente dei più anziani andava al passato lontano, di certi delitti consumati fra le coppie appartate in auto, in Toscana. I giornali li avevano rievocati l'estate prima, quando due fidanzati erano stati ammazzati così.

La mente di noi ventenni, invece, andava a episodi molto più recenti e privati. Sabato scorso, due sere fa. Forse anche ieri sera. E i volti impallidivano, facce serie da sopravvissuti intrecciavano sguardi che parlavano senza parole.

La Golf al cui interno vennero massacrati i due giovani a Travalle

Paura. Col delitto di Travalle Prato tornò ad avere paura. Paura che si aggiungeva a quella che si era accesa sei anni prima, novembre 1975, Gonfienti: l'industriale Piero Baldassini rapito mentre rincasava e trovato orribilmente ucciso,  mesi dopo, malgrado il riscatto pagato dal padre. Gonfienti e Travalle distano sì e no un chilometro in linea d'aria. Di più in auto, perché a dividerli è la Calvana. Quella Calvana dove si annidavano i rapitori di Baldassini.

La mattina del 23 ottobre 1981, la paura dei rapimenti era affievolita; non c'erano stati altri casi, in Toscana; la tensione andava allentandosi fra le famiglie abbienti, che qui erano centinaia, perché il boom del tessile aveva innescato una generosa giustizia distributiva. Chiunque avesse una fabbrica, o una villa, o entrambe, si sentiva bersaglio. Per sé, ma soprattutto per i figli. Ragazzi allegri e spensierati per tutto il giorno, che all'imbrunire spegnevano il sorriso, lasciavano in fretta le compagnie. Di ritorno da una trasferta con la squadra di pallamano che portava il nome del liceo, riempimmo di scherzi e clamore un paio di scompartimenti e il controllore ci redarguì. Scesi alla stazione, sulla pensilina uno di noi venne prelevato da un signore che lo portò via senza dargli il tempo di dirci ciao. Era una guardia privata. Immaginavamo il nostro amico, triste, in macchina col bodyguard, mentre noi sventolavamo magliette sudate e strillavamo il nome della squadra nei giardini della stazione. Avevamo vinto.

La scena del crimine del delitto del Mostro commesso a Travalle il 22 ottobre 1981

Mesi dopo, l'amico col bodyguard mi fa salire in macchina. La manovella del finestrino è durissima. Lui preme un tasto e il vetro si abbassa. Vedo per la prima volta un alzacristalli elettrico. E vedo il cristallo, largo come un fondo di bicchiere. Vetro blindato. Inimmaginabile, per noi che andavamo a piedi, in bici, in motorino o con utilitarie di serie. Noi che non vivevamo con la paura. Perché la paura, nata nel  '75 era classista. Riguardava i ricchi. Anche se era condivisa da chi ricco non era, in questa città che ha sempre accorciato le distanze sociali. Da Dino Baldassini, col figlio rapito da pochi giorni, si presentò una delegazione di operai: "Se ha bisogno, questo mese non ci paghi. Siamo tutti d'accordo. Siamo tutti con lei".

La paura che il 23 ottobre 1981 si sostituì e cacciò per sempre quella sorta sei anni prima era invece una paura che non guardava volti, né portafogli. Scambiarsi effusioni in macchina non era questione di censo. Anzi, i ricchi avevano seconde e terze case. O i finestrini blindati. AI poveri romantici restavano  il soffitto di stelle, le scomodità, le bugie di essere stati al cinema e il rossore se ti chiedevano come fosse finito il film. Noi ragazzi ci dicemmo senza parlare che non era più il caso. Il sabato sera dopo il delitto di Travalle, avvenuto al giovedì, senza che ci fossero social a convocarci, ci ritrovammo a centinaia al cinema. Al Politeama davano Laguna blu, con una Brooke Shields troppo perfetta per i nostri brufoli. Tutto esaurito, coppie in piedi, anche nei laterali della galleria, da dove si vedeva tre quarti di schermo. Eravamo lì per paura.  Uscendo, scorgevamo pochi irriducibili, coi vetri dell'auto coperti da giornali, nel piazzale sotto le mura di via Martini, dove non c'erano ancora le Poste ma c'erano tanti lampioni.

Tre anni dopo il rapimento Baldassini, Prato sperimentò in modo isolato e inspiegabile il sangue del terrorismo con l'uccisione del notaio Gianfranco Spighi, nel suo studio affacciato su viale Piave. Elfino Mortati, giovanisismo, sarà subito arrestato e condannato a 18 anni.  Sgomenta e sdegnata, la città, forte dei suoi principi e dei suoi anticorpi sociali non ebbe paura che il fatto si replicasse. Ora, dopo il delitto di Travalle, sì.  

La paura colse soprattutto i genitori. Che aspettavano svegli e in piedi il rientro dei figli, sgomenti per ogni ritardo. Morire per amore non era solo il verso di una brutta canzone, ma un destino che incombeva sui loro ragazzi, colpevoli solo di volersi bene.

La paura avvicinò le generazioni su un tema spesso tabù come il sesso, in quell'epoca in cui babbi e mamme non erano ancora e per forza "amici" dei figli. Coppie mature e pantofolaie che avevano seguito (e lo avrebbero fatto  in futuro) ogni puntata di tutti i possibili Fantastico con Heather Parisi presero improvvisamente ad uscire il sabato. A organizzare cene al Capriolo o al Sasso d'oro assieme a coetanei pure con figli. Era la scusa per dire ai ragazzi: "Non rientriamo prima di mezzanotte",dando il via libera alle camerette.

La paura del mostro accomunava tutti e affratellava. Fu un messaggio sottinteso senza bisogno di spiegazioni. Un messaggio che precedè di alcuni anni i bigliettini "Occhio, ragazzi" distribuiti in tutta la Toscana dopo i delitti che arriveranno fino al 1985  a inondare di sangue e di lacrime altre zone della provincia di Firenze. E ci fu coesione fra generazioni, fra coppie di giovani, fra "consuoceri" ufficiali o inconsapevoli: importante era che i ragazzi non azzardassero. E non restassero soli. Ma cosa significò quella paura, lo spiegò in modo chiaro e definitivo uno dei padri di famiglia che al sabato sera prese a costruirsi scuse per uscire con la moglie e lasciar casa libera alla figlia e al fidanzato. Consapevoli di tutte le conseguenze che quel tacito consenso avrebbe indotto. "Meglio rischiare di trovarci in famiglia con uno in più che con due ragazzi in meno".