REDAZIONE PRATO

La Spoon river dei tigli. Incide ricordi e aneddoti su ogni tronco tagliato: "Gli alberi, tesoro di tutti"

Sonia Fligor, attivista per l’ambiente, ha salutato così i 47 alberi della strada "Quando" e "Una volta" sono l’incipit di ogni frase scolpita sul legno.

Sonia Fligor, attivista per l’ambiente, ha salutato così i 47 alberi della strada "Quando" e "Una volta" sono l’incipit di ogni frase scolpita sul legno.

Sonia Fligor, attivista per l’ambiente, ha salutato così i 47 alberi della strada "Quando" e "Una volta" sono l’incipit di ogni frase scolpita sul legno.

Ha pensato a un modo tutto suo per salutare 47 tigli abbattuti e quel che ne resta, imprimendo sul legno ricordi di vita vissuta, aneddoti ed episodi magari non collegati direttamente agli alberi di via Firenze ma che affiorano alla mente di fronte a quelli che Herman Hesse chiamava ‘santuari della natura’. Per il gesto di Sonia Fligor, tenace attivista per l’ambiente ed ex operatrice sanitaria in pensione, forse il riferimento letterario più corretto sarebbe quello di Edgard Lee Masters. Sì, perché in via Firenze è spuntata da due giorni una piccola ‘spoon river’ fatta di messaggi e racconti, genuini e preziosi epitaffi per onorare la memoria dei tigli tagliati la settimana scorsa. Sonia abita dall’altra parte della città, alle Fontanelle, ma in cuor suo ha sentito che la questione alberi non poteva essere liquidata da un giorno all’altro.

Così domenica mattina è tornata in via Firenze, immaginando l’ultimo saluto a quei polmoni d’ossigeno che un tempo salvavano da polveri sottili e inquinamento. In tanti anni che ha lavorato come infermiera in ospedale, ne ha sentite tante di storie legate agli alberi, storie che le sono rimaste impresse e che rivelano il suo profondo affetto per i custodi della terra. Con lei domenica c’era Sabrina, professoressa di lettere, che abita non lontano dalla zona. "Quando" e "Una volta" diventano così l’incipit di ogni frase scolpita su ogni ceppo, una per ogni albero che fu.

"Quella volta che nel cercare di salirci, mi sbucciai il ginocchio", si legge. Oppure, "quella volta che venne il nevone, ma sotto gli alberi era rimasto pulito", oppure "quando con le amiche stavamo lì sotto a cantare le canzoni dello zecchino". Testimonianze dal quartiere oppure ricordi di conversazioni aventi come comune denominatore gli alberi, magari anche nelle corsie degli ospedali dove Sonia ha lavorato. Come quando si legge che sotto l’albero "la signora Pia, ci si nascondeva dietro dal marito manesco". Parole per non dimenticare, quasi un monito per chi resta. "Volevo instillare un sentimento di empatia nelle persone, seminare memoria, richiamare il legame che ciascuno di noi ha con gli alberi". Poesia che nasconde tanta rabbia. "Quando domenica sono tornata in via Firenze ho visto pochissime radici affioranti, in compenso tantissime auto sui marciapiedi a ostruire il passaggio". Poco importa che Sonia abiti a sud: l’ambiente va difeso con le unghie e con i denti. "Vivendo a Baciacavallo, ironicamente dico sempre ho un camera con vista: il depuratore. Gli alberi non appartengono solo a via Firenze ma a una collettività intera".

Maria Lardara