REDAZIONE PRATO

Indagato anche un imprenditore pratese

Nel mirino i subappalti per una serie di lavori eseguiti fra Pistoia e la piana. Gli interventi sarebbero stati coperti col metodo del distacco

Il generale Gianfranco Scafuri, vicecomandante del Ros

C’è anche un imprenditore edile pratese indagato nella maxi inchiesta della Dda di Firenze sulle presunte infiltrazioni del clan dell’’ndrangheta Gallace in Toscana. Inchiesta che ieri ha portato in carcere 23 persone fra Toscana, Umbria e Calabria.

La maxi operazione dei carabinieri del Ros avrebbe accertato la presenza di ramificazioni mafiose in tutta la regione in più attività criminali, che vanno dal traffico di cocaina al controllo di lavori stradali, fino ad arrivare allo smaltimento illecito di rifiuti nelle concerie della zona del cuoio. Un’indagine sterminata, divisa in quattro filoni, che ha prodotto altrettante ordinanze di custodia cautelare firmate dai gip di Firenze.

Nel mirino degli inquirenti sono finiti vari lavori pubblici eseguiti dall’azienda dell’imprenditore pratese, realizzati fra Prato e la provincia di Pistoia. Fra questi anche i cantieri per la costruzione della nuova tangenziale che collega Prato a Montale, i cui lavori sono stati dati in appalto dal Comune di Prato. Per i lavori, l’imprenditore si sarebbe avvalso della collaborazione di un’azienda del Valdarno, la "Idrogeo" di Antonio Chiefari, indagato nell’inchiesta, il cui fratello, Nicola, è stato arrestato perché considerato molto vicino al clan Gallace.

Secondo gli inquirenti, la Idrogeo sarebbe stata una presenza fissa nei lavori pubblici collegati alla "movimentazione terra" nel corso del 2019, accaparrandosi gli appalti in modi più o meno leciti.

L’azienda del Valdarno ha collaborato in più occasioni con quella dell’imprenditore pratese, a cui non è stato ancora recapitato l’avviso di garanzia (e fino a ieri non era nemmeno a conoscenza di essere indagato).

Nei suoi confronti non è contestata l’aggravante del metodo mafioso, rivolta invece agli altri indagati.

Secondo quanto appreso, l’imprenditore avrebbe utilizzato gli operai della Idrogeo sfruttando il metodo del "distacco" di personale, una pratica (lecita) usata da molte aziende per "coprire" più cantieri in contemporanea.

In realtà, secondo gli inquirenti, i lavori vinti per gli appalti pubblici dall’azienda del territorio sarebbero stati eseguiti dalla Idrogeo senza che ne venisse data comunicazione all’ente pubblico - come invece è obbligatorio per legge - coprendo i vantaggi di cui avrebbe beneficiato la ditta del Valdarno.

Fra i cantieri finiti nel mirino degli investigatori, ci sono diversi appalti che la ditta pratese ha ottenuto dal Consorzio di Bonifica 3 Medio Valdarno per eseguire gli interventi sul torrente Bure, al fosso Ombrocello e alla cassa di espansione al fosso alla Badia, tutti in provincia di Pistoia. Interventi che di fatto, però, sono stati realizzati dalla Idrogeo come verificato durante un controllo nel cantiere. Fra i lavoratori trovati c’era anche il fratello dell’amministratore della Idrogeo, Nicola Chiefari, il più vicino al clan mafioso.

I cantieri sono stati più volte oggetto di controlli e il sospetto è che non vi fosse un vero e proprio subappalto ma un semplice "distacco" di personale, tanto che sono state ritrovate le fatture della azienda pratese a favore di quella del Valdarno.

La procedura del distacco è lecita ma gli inquirenti vogliono capire se sia stata fatta per coprire un subappalto, in realtà mai dichiarato in maniera regolare, a beneficio dell’azienda del Valdarno.

In questo filone d’inchiesta, gli arrestati sono accusati di aver fatto parte di una organizzazione criminale che mirava – tramite le minacce e usando metodi di stampo mafioso – a estromettere le possibili ditte concorrenti dagli appalti pubblici o semplicemente a farle ritirare dalla partecipazione a una possibile gara.

Laura Natoli