
Il gioco, la competizione, la sfida sono punti di partenza di tanti altri aspetti che si legano a una partita di tennis. Gli amici ricordano l’attenzione ai particolari che metteva prima di andare a sfidare un altro circolo. Farsi la barba il giorno prima, avere la borsa con tutto il necessario per eventuali problemi fisici o di altro genere, l’abbigliamento perfetto tutto di bianco e sotto quell’aspetto è sempre stato considerato il signore del tennis in tutti i club dove ha giocato: impossibile raggiungere il maestro. L’attesa con infiniti aneddoti sul giocatore o su altre sfide giocate nello stesso club. La partita era forse il momento meno “divertente” perchè non c’era possibilità di interloquire con i propri compagni o trovare situazioni di scambio.
Al termine, e per la maggior parte delle volte era una vittoria, allora si poteva iniziare a spiegare ai propri compagni come si era arrivati all’affermazione, il punto più bello e si ripartiva in quel racconto che diventava vita vissuta ma anche desiderio di poter rigiocare un’altra sfida per avere l’occasione di continuare quel percorso. Focosi non è stato un campione di tennis ma un esempio sì. Come giocatore ma anche come dirigente dapprima al Ct Etruria, poi al Tc Prato e all’interno del comitato regionale della Federtennis. E’ riuscito a portare a Prato due incontri di Coppa Davis grazie al sostegno dei presidenti e del club. La sfida con la Svezia nel 1987, è ancora l’appuntamento sportivo più prestigioso che la città ha ospitato. E dopo pochi anni è arrivato anche quello con lo Zimbabwe.
Nel 1980, nel pieno boom del tennis, il Tc Prato ha ospitato i campionati italiani assoluti e anche lì è stato un successo con Panatta e Barazzutti. Amicizie con attori, registi, imprenditori nate proprio attraverso questa disciplina e che sono rimaste indelebili e sincere.
r.c.