REDAZIONE PRATO

Classe II B del conservatorio San Niccolò, Prato

"Un dono lungo 700 anni" è lo slogan del conservatorio San Niccolò fondato nel 1321 dal cardinale Albertini

"Un dono lungo 700 anni" è lo slogan del conservatorio San Niccolò, un maestoso convento nel centro storico di Prato, oramai divenuto un simbolo della città. Fondato nel 1321 dal cardinal Niccolò Albertini, divenne scuola soltanto a partire dal 1784 per volere di Pietro Leopoldo I. "Un uomo tenace, un sovrano illuminato," commenta la preside del Conservatorio San Niccolò, Mariella Carlotti. Proprio vicino alle antiche mura pratesi nacque una delle prime scuole femminili del XVIII secolo. Lo scopo di Pietro Leopoldo era chiaro: sfruttare le grandi istituzioni ecclesiastiche per beneficiare la società dell’epoca, dove gli analfabeti costituivano la maggior parte della popolazione. L’ordine di clausura al quale appartenevano le suore nascose per oltre 400 anni la bellezza straordinaria del convento. "Un tesoro della memoria storica della città," commenta Veronica Vestri, docente presso l’istituto. In seguito all’imposizione da parte del duca di Lorena di fondare una istituzione socialmente utile per la città di Prato "le suore reagirono negativamente nei confronti del sovrano" spiega la professoressa Carlotti. Ma, a partire dal XVIII secolo, questa opera architettonica e artistica si aprì per le prime studentesse del convitto, che conducevano il proprio ciclo didattico nella cosiddetta "Fabbrica del Valentini" (realizzata attraverso i finanziamenti del granduca di Toscana) che oggi disegna la facciata esterna. Le ragazze (appartenenti ai ceti sociali più alti) si dedicavano allo studio del latino, del canto e della filatura, esercitando lo stile di vita condotto dalle monache. Durante il XIX e XX secolo tra i registri del Conservatorio spiccano i nomi di due personaggi: madre Cecilia Vannucchi e Gosto. La prima dedicò gran parte della propria vita come educanda e poi come educatrice presso l’istituto. Madre Cecilia fu una dei personaggi più amati insieme a Gosto.

Quest’ultimo è un vero "emblema di San Niccolò," come afferma Mariella Carlotti. Il suo mito è per lo più legato a una leggenda. Questa vuole che lo scheletro preservato nel conservatorio sia un suo dono, simbolo dell’amore e della fedeltà dimostrata al convento oltre due secoli fa, ma che ancora oggi si respira per i corridoi del monastero. Gosto fu un contadino vissuto durante il diciannovesimo secolo che trascorse tutta la propria vita nell’orto del convitto. Ebbene sì, forse soltanto questi personaggi, che hanno amato così tanto San Niccolò, potrebbero rivelarci la vera identità del convitto: un monastero, una scuola, il volto dell’arte e della cultura. Al lettore la scelta, ma con la consapevolezza che sono passati solo i primi settecento anni.