Nati in calo al Lotti, 70 parti in meno nel 2022

Nell’anno appena concluso, le nascite si sono fermate a 740. La dottoressa Martina Liut: "La pandemia ha stravolto vite e consuetudini"

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di Ilenia Pistolesi

Sono 740 i primi vagiti emessi all’ospedale Lotti di Pontedera nel corso del 2022: un calo di circa 70 parti annui, che ha visto una prima parabola discendente nei primi mesi che ci siamo lasciati alle spalle e una ripresa dell’arrivo della cicogna nella seconda parte del 2022. Un trend comunque in linea con la maggior parte delle realtà italiane dove il calo demografico morde e le nascite stanno conoscendo da anni una flessione inesorabile. Ne parliamo con la dottoressa Martina Liut, responsabile del reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale Lotti.

Dottoressa, rispetto al boom di nascite alla fine del 2020, l’anno in cui è esplosa come un detonatore la tempesta pandemica, come è andato l’andamento delle nascite?

"Registriamo un calo rispetto al 2021, con una 70ina di culle vuote in meno. Se nel primo semestre del 2022 vi è stato un vero e proprio calo di nascite, a Pontedera siamo riusciti a recuperare nel secondo semestre dell’anno".

L’anno segnato dalle prime ondate pandemiche ha registrato, da un lato, un vero e proprio boom di ‘figli del lockdown’, dall’altra parte ha alimentato le paure nelle donne e nelle partorienti. Da un punto di vista psicologico, come è cambiata la situazione per chi si è ritrovato, negli ultimi mesi, a affrontare il parto?

"Nel periodo in cui la pandemia ha stravolto vite e consuetudini, le partorienti hanno avvertito un grande senso di solitudine, ma al contempo sono migliorate alcune dinamiche familiari, come l’intimità della nuova famiglia. In generale, l’asticella della paura si è abbassata".

E come è cambiata l’organizzazione del reparto, dopo le forti restrizioni?

"Abbiamo un reparto Covid e un reparto no Covid, e abbiamo abolito la ‘zona grigia’ dei tamponi, snellendo la procedura e aumentando i posti letto per le partorienti negative al virus. Adesso, dal travaglio in poi, il partner può stare sempre accanto alla partoriente e al figlio o figlia. Abbiamo ripreso il parto in acqua e, rispetto al piano nazionale esiti, abbiamo ottenuto ottimi risultati con donne con parti con pregresso cesareo che hanno avuto altri loro bebè con parto naturale".

Non vi è angolo d’Italia che non sia attanagliato da un calo demografico che marcia in maniera sempre più spietata. Quali sono, a suo avviso, i motivi? E quanto si è innalzata l’età per la prima gravidanza?

"Alla radice, a mio avviso, vi sono motivi di natura sociologica e economica: molte coppie si attardano a fare figli perché il lavoro fisso non è più una certezza come lo era fino a qualche lustro fa. E la maggior parte delle donne che affronta la prima gravidanza ha un’età superiore ai 35 anni. Nell’ultimo anno, abbiamo seguito anche donne intorno ai 45 anni che hanno partorito il loro primo figlio".

Vi sono reparti, come la pediatria, in sofferenza per la mancanza di specialisti. Qual è la fotografia nel reparto di ostetricia?

"Il punto della questione è il seguente: non si trovano più medici specilizzati in ginecologia, pediatria, ortopedia o cardiologia. Forse perché per il medico, il rischio con queste specialistiche aumenta. Da parte nostra, l’impegno è massimo per coprire al meglio i turni e assistere le pazienti senza lasciare nessuna indietro. Rinunciando a ferie e permessi da parte degli operatori del reparto".