L’organo torna in vita. Il concerto dopo l’oblio

L’antico strumento era stato dimenticato per decenni nella chiesa. E’ tornato a suonare grazie a un esperto di Genova che già nel 1988 lo salvò.

L’organo torna in vita. Il concerto dopo l’oblio

L’organo torna in vita. Il concerto dopo l’oblio

PONSACCO

Ritrovare un antico gioiello dimenticato sotto strati di polvere, riportare alla luce la voce originale persa nei meandri dei decenni che sono trascorsi dal suo ultimo utilizzo. Ponsacco riscopre il suo organo Agati datato 1836 era sempre stato lì, dietro le spalle dei fedeli che pregano nella chiesa di San Giovanni Evangelista, ma in pochissimi ne conoscevano la storia. Sabato sera centinaia di persone hanno assistito al primo appuntamento della rassegna I Concerti nella Repubblica, un concerto d’organo, quell’organo. A suonarlo è stato il direttore artistico della kermesse e direttore d’orchestra Simone Valeri. Prima di rimettere in moto l’organo Agati però c’è stato bisogno di un mezzo miracolo, una scarica di adrenalina, compiuto da Raffaele Marin, appartenente alla terza generazione (adesso siamo già alla quarta per l’ingresso in azienda dei nipoti, ndr) di una famiglia genovese di organari famosa per gli interventi eseguiti in tutta Italia e all’estero, compresa una trasferta che qualche anno fa li ha portati in Nuova Calidonia, dall’altra parte del mondo. Raffaele Marin è arrivato a Ponsacco venerdì, il giorno prima del concerto, anzi sarebbe meglio dire è tornato a Ponsacco perché era già stato qui 36 anni fa, nel 1988 per il restauro di quello stesso organo Agati. "Sono più di 30 anni che non tornavo in questa cantoria – racconta Marin – sono 49 anni che faccio questo lavoro, ho seguito la strada di mio padre e di mio nonno. Non so suonare l’organo, ma ne curo la voce".

Un mestiere magico, dove la bacchetta è sostituita dal pedriolo, un attrezzo con il quale l’organaro apre e chiude le canne. Accordare un organo vuol dire andare alla ricerca di quella che è la sua voce, il suono che esce solo e soltanto da quello specifico strumento. "Questo organo – continua – ha una grande importanza. Nella somiera (la parte in legno che sorregge il peso delle oltre mille canne, ndr) è racchiusa la firma del suo costruttore Giosué Agati di Pistoia. Uno strumento toscano che parla toscano. Intonare significa dare un carattere, non esiste un organo uguale a un altro. E ogni organo si ammala di una diversa malattia. Come sta adesso l’organo di Ponsacco? Soffre del suo mancato utilizzo, avrebbe bisogno di un mezzo restauro". Nella comprensione dei problemi dello strumento organaro e organista diventano un team, quasi come accade in formula uno tra meccanico e pilota. Il pilota si accorge dei difetti. Il meccanico cerca la cura adatta alla malattia.

"La magia di questo lavoro – conclude – è poter ridare voce a un organo. Mi piace pensare che ogni strumento sia come persona, con il proprio carattere e la propria voce. A noi spetta il compito di andare a ricercare il suono originale e con l’accordo possiamo donargli nuove sfumature".