Le tonnellate di keu e i profitti. Il caso è arrivato in Cassazione dove sono stati respinti i ricorsi degli indagati contro quanto disposto dalla Corte d’appello, sezione misure di prevenzione, dove era stato messo sotto la lente il denaro ritenuto provento dell’attività illecita "sia sotto il profilo dell’utile diretto sia sotto il profilo dell’utile indiretto rappresentato dal risparmio di spesa".
I giudici di secondo grado avevano infatti respinto – si legge – le impugnazioni di Francesco Lerose, proposto per la misura di prevenzione personale e patrimoniale, nonché dai terzi interessati Annamaria Faragò, Maria Pia Lerose, Manuel Lerose, Antonio Lerose e Valeria Cozza contro quanto disposto dal tribunale di Firenze, nel dicembre 2022, riguardo l’applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, e della confisca del denaro, degli altri beni mobili e immobili, dei beni costituiti in azienda e delle quote societarie. La pericolosità qualificata, perimetrata dall’agosto 2012 all’aprile 2020 era riconosciuta – si legge – "in ragione dei reati contestati nell’ambito dei procedimenti penali in relazione ai quali è stato richiesto il rinvio a giudizio di Francesco Lerose, Manuel Lerose e Annamaria Faragò per i reati di concorso esterno in associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti ambientali, tra i quali traffici organizzati di rifiuti, delitto di inquinamento ambientale, delitto di discarica, concorso nel reato di estorsione. La Corte di appello – evidenzia la Cassazione – ha sottolineato che i reati oggetto dei procedimenti penali, "essendo stati reiterati costantemente in modo organizzato per diversi anni (quasi un decennio) ininterrottamente dal 2012, ed avendo assicurato un rilevantissimo profitto ingiusto per gli appartenenti alla famiglia Lerose, consentivano di ritenere integrata anche la diversa ipotesi di pericolosità generica".
Si contesta a Francesco Lerose gestore dell’impianto di riciclaggio inerti di Pontedera, di avere contribuito all’associazione, accettando nel proprio impianto rilevantissime quantità di rifiuti del genere "ceneri pesanti e scorie", provenienti dall’impianto trattamenti fanghi (Aquarno S.pa - Ecoespanso Srl), e gestendo il rifiuto per ricavarne materiale riciclato, mescolandolo con altri rifiuti da costruzione e demolizione per la produzione degli aggregati non legati: il tutto, nonostante non fosse stata accertata dal produttore la natura inerte del rifiuto e ne fosse quindi inibito il riutilizzo per la produzione di aggregati non legati in quanto, se utilizzati per riempimenti e recuperi ambientali avrebbero potuto rilasciare nel suolo significative concentrazioni di metalli pesanti.
Carlo Baroni